Ho sempre amato queste parole con cui Giosuè conclude la sua esortazione: nel suo slancio di fiducia in Dio, il condottiero si apre alle nuove generazioni, esprimendo il sogno di ogni genitore. Forse, però, la ragione di questo fascino sta proprio nel fatto che questa idea di “casa” come legame di fede intergenerazionale, non può più essere data per scontata. Ciascuno oggi si costruisce la propria storia e, soprattutto relativamente alla religione, ci si aspetta che trovi la sua strada.
Eppure, sebbene pochi abbiano nostalgia di un antico modello oppressivo di famiglia che fin dalla nascita ti imponeva ben precisi spazi esistenziali, noi contemporanei ci troviamo proiettati in un mondo individualista fatto di solitudine, nel quale solo i più forti riescono a non cadere in nuove forme di alienazione e di asservimento.
In questa situazione la Chiesa può ancora una volta offrire uno spazio di libertà e di equilibrio tra i due estremi della solitudine individuale e della gabbia dell’antica famiglia. Se sarà impossibile rivivere lo slancio di Giosuè e prendere impegni anche per i nostri discendenti, potremo, però, offrire nelle nostre comunità una rete di relazioni sane e costruttive, che valorizzino la nostra individualità senza lasciarci in balia della vuoto.
I nostri figli e figlie, nella loro libertà , magari prenderanno strade diverse dalle nostre; ma ci saranno comunque nuove generazioni di credenti pronte a fare propria la nostra confessione di fede e tramandarla, allargando la famiglia di Cristo.