«Caleb disse: “A chi batterà Chiriat-Sefer e la prenderà io darò in moglie mia figlia Acsa”. Allora Otniel figlio di Chenaz, fratello di Caleb, la conquistò, e Caleb gli diede in moglie sua figlia Acsa. E quando lei venne a star con lui, persuase Otniel a lasciarle chiedere un campo a Caleb, suo padre. Lei smontò dall’asino, e Caleb le disse: “Che vuoi?” Quella rispose: “Fammi un dono; poiché tu m’hai stabilita in una terra arida, dammi anche delle sorgenti d’acqua”. Ed egli le diede le sorgenti superiori e le sorgenti sottostanti»
Le tradizioni religiose ci hanno da tempo consegnato delle immagini complesse e realistiche del rapporto dei singoli credenti, dei popoli con Dio. Questi libri del Primo Testamento ci parlano di vita e storia: patti con Dio e alleanze umane, conquiste, stermini e inaspettate oasi di saggezza o amore.
I ruoli sono marcatamente definiti, inseriti in narrazioni ricche di rimandi che necessitano di essere studiate e meditate. Non ci si accosta alla parola di Dio senza predisporsi a un ascolto profondo.
Il nostro episodio di oggi parte da un elemento semplice: la struttura sociale, identica in tutti i popoli della grande terra. In una società retta da uomini, il premio per la morte di un altro uomo sarebbe stato una donna. Con il libro di Giosuè il popolo – la generazione del deserto – ha terminato il suo percorso di espiazione e ritorno a Dio: la terra promessa verrà consegnata a un nuovo popolo, pronto ad abbracciare la legge del Signore. Invece, sfogliando le pagine della Bibbia, nel libro successivo, Giudici, inanellato a quello di Giosuè, leggiamo:
I figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno e servirono Baal; abbandonarono l’Eterno, il DIO dei loro padri che li aveva fatti uscire dal paese d’Egitto, e seguirono altri dèi fra gli dèi dei popoli che li attorniavano, si prostrarono davanti a loro e provocarono ad ira l’Eterno. (Giudici 2:11-12)
Due anelli inseparabili: il passato di espiazione che doveva portare al ritorno a Dio (libro di Giosuè) è tradito (libro di Giudici). In questa narrazione di promesse spezzate, arrivano figure temerarie che sfidano le convenzioni sociali e la politica umana per seguire il volere di Dio.
Ecco che scopriamo Acsa: una figura insignificante di cui nulla sappiamo ma che attraverso la richiesta di acqua dona la vita a generazioni umane e di animali.
Narrato per ben due volte in due libri contigui è una richiesta di grande valore politico: il diritto all’acqua.
C’è qualcosa di estremamente fastidioso nel ritratto che la tradizione ebraica ha voluto fissare nella memoria del suo popolo: una donna destinata a soddisfare gli umori del marito e trovare il proprio posto nella società attraverso la maternità diviene promotrice di un’azione di salvezza politica per la gente a cui è stata consegnata. Non è l’unica figura biblica femminile a esercitare questo ruolo e questo perché la sapienza biblica ci insegna a sentirci responsabili anche nell’ingiustizia, anche a costo della vita.
Che Acsa fosse straniera o israelita non importa, che fosse considerata inferiore agli uomini dagli uomini non importa, ha capito che suo padre ha cercato di trarre il massimo guadagno con il suo matrimonio: ha risolto una guerra e si è sbarazzato di lei con una dote che era una condanna a morte per la gente che l’avrebbe accolta. E così questa eroina che cavalca un asino, si presenta da Caleb piena di fiducia in Dio e forte del senso di responsabilità per la sua gente e chiede sorgenti d’acqua in risposta a quel: “Che vuoi?”.
Di certo Acsa non è una madre ma si prende cura di ogni figlio che nascerà grazie al suo gesto. La Bibbia ci dice che siamo parte di una storia scritta dall’Iddio che ci chiama a responsabilità e regala sorgenti d’acqua viva nell’aridità delle scelte umane.