«Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità , e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece. Giona ne provò gran dispiacere, e ne fu irritato. Allora pregò e disse: “O SIGNORE, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato.”»
La confessione di fede che Giona pronuncia è detta in senso spregiativo: la capacità di perdonare e di fare un passo indietro rispetto alla violenza è intesa infatti come un valore negativo dall’opinione comune. Essa è invece un gran valore per il Dio dei profeti, che prende sul serio l’umanità , si pente del male minacciato e preferisce squilibrarsi verso il bene: è già il Dio dell’evangelo e di Gesù Cristo, che dà sé stesso per la vita del mondo.
Giona però si irrita di questo atteggiamento cedevole di Dio, e a volte anche noi preferiamo schierarci per una posizione rigida in cui siano salvaguardati quelli che crediamo principi non negoziabili. Per il Dio che guarda Ninive, la gran città minacciata, invece, la vita umana e persino quella degli animali viene prima di qualunque principio. Nessun principio vale la violenza o la distruzione di una città , di un habitat. Nessun valore prevale sull’amore. Abbiamo imparato poco da questa pedagogia divina. Ma quell’evangelo sta sempre lì, davanti a noi, come guida luminosa verso la nuova creazione.