«Sonate la tromba a Sion, proclamate un digiuno, convocate una solenne assemblea! Adunate il popolo, santificate l’assemblea! Adunate i vecchi, i bambini e quelli che poppano ancora! Esca lo sposo dalla sua camera, e la sposa dalla camera nuziale! Piangano, fra il portico e l’altare, i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: “Risparmia, o Signore, il tuo popolo e non esporre la tua eredità all’infamia, allo scherno delle Nazioni!”»
I profeti della bibbia non parlano solo di guerra e di pace, di sconfitte e deportazioni e di speranza di rientro e restaurazione. Gioele, che scrisse probabilmente nel quinto secolo a.c., descrive un terribile accadimento naturale occorso al popolo di Israele: un’invasione di locuste che distrusse la vegetazione e fiaccò l’economia prettamente agricola del tempo. Tutto il popolo piange e piangono con esso gli animali e le greggi. Anche i sacerdoti, perché se il popolo non ha di che mangiare, non c’è decima da offrire al tempio e anche il culto e la stessa vita spirituale del popolo è messa alla prova. Gioele offre una ricetta al popolo: proclamare un digiuno e indire un’assemblea alla quale partecipino tutte le generazioni. Se ciascuno non ha più nulla da offrire ai propri figli e a Dio, tutti insieme offriamogli ciò che ci è rimasto: lacrime e digiuno.
La bibbia ci parla ormai di eventi lontani, storicamente lontani, geograficamente altri e, aggiungo, di difficile comprensione per chi vive in mondo economicamente molto diverso da quello di Gesù e dei profeti. Un’invasione di locuste che distruggono raccolti e pascoli? Roba di secoli fa, fortunatamente! Ma gli eventi naturali continuano ancora oggi a minacciarci. Di qualche giorno fa la notizia di un uragano che ha colpito l’America Latina, distruggendo tra l’altro un tempio valdese. Le immagini dello tsunami che ha colpito il Giappone qualche anno fa sono ancora tra le più clickate su Internet, anche perché quella tragedia innescò un grave incidente nucleare. Siamo ancora oggi in balia della natura, a maggior ragione per il fatto che crediamo di poterla governare. Ci soffermiamo spesso, in questi casi, sull’eventuale significato “teologico” delle catastrofi. Sulla domanda: “perché Dio lo ha fatto? Perché non ha impedito che ciò avvenisse?”.
L’invito di Gioele, invece, è una parola sul popolo e per il popolo: di fronte alla tragedia, alla disperazione, al deserto lasciati dalle locuste, riuniamoci e offriamo insieme a Dio ciò che ci rimane. Si tratti pure di lacrime e digiuno. Insieme, scopriremo cosa si può fare e come pregare, insieme potremo agire e ricominciare a sperare. La catastrofe, che non ha senso in sé, e non dà senso a Dio, può farci riscoprire il senso della parola “insieme”.