«… pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti …»
Un professore di etica all’università di Amsterdam, ricordando in un suo saggio come l’abitudine alla preghiera sia andata perduta, presenta un breve elenco di obiezioni mosse alla preghiera nell’ambito dei cristiani. Abbiamo il dissacratore: pregare è un segno di debolezza; il deluso: pregare non serve a nulla; infine il giovane rampante: non ho tempo per pregare.
Vi è qui una parte della nostra esperienza personale perché l’assenza della preghiera rivela la nostra natura: siamo persone deboli, consapevoli di vivere come cristiani nella fragilità della nostra esistenza.
La prima difficoltà da superare, per seguire l’esortazione biblica alla preghiera, riguarda la decisione di invocare aiuto. Chi non riesce più a dire: “aiutami!”, non riuscirà più né ad avere comunione fraterna né ad invocare il proprio Signore con la preghiera.
Pregare è allora un gridare a Colui che si è fatto conoscere come Padre di Gesù Cristo. Questo Padre è invocato, oggi. Questo Padre si fa presente, oggi!
Si tratta della nostra confessione di fede che viene tradotta in una pratica molto umana: la comunione fraterna della preghiera. Certo in noi vi è sempre lo scettico e il deluso perché non abbiamo nulla in mano se non questa esortazione e solo il dono della grazia di Dio in Gesù Cristo. E questo ci è sufficiente! Ogni altro fatto sarebbe vanità e a noi oggi basti ricevere l’esortazione per una forte comunione fraterna nel pregare gli uni per gli altri affinché tutti abbiano salute, gioia e speranza di vita nuova.