La risurrezione viene anticipata nel qui ed ora, come metafora della vita di chi crede in Cristo
“Cristo Gesù ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il vangelo”.
(II Timoteo 1,10)
L’Evangelo non ha a che fare con la spiritualità, ma mette a fuoco la risurrezione dei corpi. Nell’antichità il passaggio dalla morte fisica all’immortalità non prevedeva la risurrezione. Per questo, il Risorto desta le preoccupazioni dei potenti. Gli apostoli saranno considerati sovversivi nel dichiarare che Gesù – e non l’imperatore – è Signore, “manifestato come il Salvatore della vita umana”.
Oggi c’è chi ha una concezione elevata dell’immortalità, intesa come varco naturale ad un’altra dimensione dello spirito. Poche persone credono alla risurrezione dei corpi. Eppure, per l’Evangelo echeggiato nel Credo, Gesù, morendo, ha distrutto la morte e, risorgendo, ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità, che nessuno possiede in proprio. La morte è stata vinta e una nuova vita al di là di essa è stata inaugurata da Gesù, la cui risurrezione corporale è l’atto potente del Dio Creatore, alla quale segue la futura risurrezione di coloro che gli appartengono, per partecipare alla stessa vita immortale.
Non si tratta di un ritorno alla dimensione corruttibile sperimentata dai sensi, ma di un dono della grazia, di una conquista legata alla fede che coinvolge l’interezza della nostra esistenza di credenti: “Se moriamo con lui, con lui anche vivremo”. La risurrezione viene anticipata nel qui ed ora, come metafora della vita di chi crede in Cristo, perché l’incorruttibilità messa in luce mediante l’Evangelo è già un dono presente.
In quanto credenti in Cristo, nella certezza della vita incorruttibile che ci sta davanti, come ignorare il teatro di morte in cui sono intrappolate persone schiacciate dai piccoli e grandi imperatori di turno? Che cosa comporterà confessare davanti a loro la sovranità di Cristo risorto dai morti?
