«Il Signore disse a Caino: “Perché sei irritato? e perché hai il volto abbattuto? Se agisci bene, non rialzerai il volto? Ma se agisci male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri sono rivolti contro di te; ma tu dominalo!”»
Il Signore come un bravo terapeuta si prende cura di noi e della nostra rabbia. L’irritazione è qualcosa che infiamma ed è una sensazione che conosciamo bene, persino il nostro viso si trasforma, sfigurato dalle nostre emozioni che nascondono spesso qualcosa di più profondo.
Il Signore ci viene a cercare, vuole aprire un dialogo, ma noi spesso restiamo muti. La domanda di Dio non è quella di un giudice che chiede conto della rabbia, la nostra collera non è il peccato, ma il nostro mutismo di fronte a Dio, e a noi stessi, rischia di aprire la porta a quell’animale acquattato, pronto ad impossessarsi di noi che è il peccato. Lo possiamo dominare però e Dio ci fornisce anche i mezzi per farlo: possiamo parlarne con lui e scoprire le vere ragioni della nostra rabbia.
Forse anche noi come Caino, ci sentiamo rifiutati, forse pensiamo che sia stata commessa un’ingiustizia nei nostri confronti. Magari invece parlandone ci potremmo rendere conto che nostro fratello, Abele, ha solo imitato la nostra offerta, ha fatto anche lui un atto di ringraziamento a Dio. Il Signore ha gradito questa offerta. Potremmo essere orgogliosi e grati di tutto ciò. Eppure a volte scegliamo di chiudere fuori dalla porta Dio e preferiamo lasciare entrare il nostro nemico.
La possibilità di dominare il peccato è un annuncio che Dio ci fa nella nostra esistenza: è possibile convivere con il peccato senza che questo prevalga su di noi. E’ possibile perché Dio stesso si prende cura di noi e cerca il dialogo con noi e ci invita a scoprire le ragioni più profonde della nostra rabbia. Sappiamo da questa vicenda che non sempre l’umanità è riuscita a dominare il peccato, ma sappiamo anche che non per questo Dio ha smesso di prendersi cura di ciascuno di noi e di venire, ancora una volta, a cercarci permettendoci di sfogarci, di esprimere il nostro dolore, la nostra rabbia, il nostro senso di abbandono.