“Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».
La donna osservò che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. […] Perciò Dio il SIGNORE mandò via l’uomo dal giardino d’Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Così egli scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell’albero della vita”
La storia dell’umanità è dettata da una trasgressione, dalla seduzione di alcune parole che colgono la curiosità di Eva. A quella trasgressione, nella storia, si è attribuita la colpa di tutto, è stata giustificazione per discriminare e sentenziare. Eppure, la trasgressione di Eva, sotto una luce diversa, può essere letta come l’occasione avuta e scelta per entrare nella storia, per assumere una identità diversa da quella che era stata decisa per lei, per loro. Il paradiso dell’Eden assume i tratti di un luogo di trasgressione, ma allo stesso tempo di possibilità per costruire qualcosa, anche se questo vuole dire vivere l’esperienza del primo esilio. Per costruire la propria storia, l’umanità non solo subisce l’esperienza della cacciata, ma si vede costretta ad abbandonare l’idillio del centro, per entrare nell’ostilità della periferia. Ancora oggi le nostre periferie sono avvolte dal mistero, così come dal rifiuto. Questa diviene luogo di scarto, e di ghettizzazione, aperto; mentre il centro è luogo sicuro, chiuso nel suo status di benessere. La storia di Adamo ed Eva, però, mostra come anche quella periferia tanto ostile diventi il luogo della vita, intesa come insieme di esperienze più o meno positive, ma occasioni di rilettura di sé e del proprio agire. La periferia, luogo di margine, diventa per la narrazione biblica e per lo sguardo di Dio, il luogo dove riversare la propria attenzione, perché è l’occasione per la vita di avanzare e di definirsi anche nei suoi errori.