«Abramo partì come il Signore gli aveva detto»
Dopo la parola di Dio, c’è la risposta dell’uomo: Abramo parte, si mette in cammino verso il futuro, verso l’incognito. Abramo parte, ma va «come il Signore gli aveva detto». È importante questa annotazione, perché non è sufficiente andare, mettersi in cammino, progredire. Come ha ricordato Calvino: «è meglio seguire Dio a occhi chiusi e averlo per nostro conduttore piuttosto che appoggiarci sulla nostra intelligenza ed errare per i circuiti tortuosi che essa immagina per noi».
Lo sperimenterà anche Abramo, quando cercherà di affrettare i tempi di Dio, o di seguire il suo istinto più che la promessa, finendo col trovarsi sempre di fronte delle porte sbarrate, delle delusioni.
Io credo che possiamo leggere in modo quasi immediato l’ordine dato da Dio ad Abramo, con l’imperativo che i Valdesi hanno sentito risuonare nei loro cuori subito dopo il 17 Febbraio 1848. Essi compresero che da quel momento «o sarebbero stati missionari o non sarebbero stati nulla», per usare le parole di Charles Beckwith. Uscire dal proprio Paese: è quello che hanno dovuto fare – e non era facile. Eppure lo hanno percepito come un imperativo categorico: uscire dalla propria terra, da una cultura secolare, dalle proprie abitudini per poter continuare ad essere se stessi. Quello era il segno di una volontà di comprendersi nella situazione nuova dell’Unità d’Italia, di pensarsi nel contesto diverso in cui li spingeva la vocazione ad essere portatori dell’Evangelo nel Paese che non c’era (ancora), in un’Italia che non esisteva se non come speranza nel cuore dei più giovani.
Non diversa è per noi oggi la chiamata del Signore. Un anno finisce, un anno comincia: la vita scorre e a noi rimane il compito di andare “come il Signore ci ha detto”.