«Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile; poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace.» Luca 1,36 – 37 (Luca 1,39 – 45; 57 – 66)
Forse Elisabetta è rimasta per un momento incredula, quando si è accorta dei segni della gravidanza nel suo corpo, lei che per anni aveva desiderato ardentemente un figlio o anche una figlia e, con speranza sempre più debole, ogni volta cercava di percepire nel suo corpo i segni della gravidanza. Le donne sono più abili nell’accogliere gli imprevisti. Secoli e secoli, in cui alle donne era affidata la cura delle relazioni, marito, figli, suoceri, le altre mogli del marito, tutte le persone di cui era composta la famiglia, le avevano allenate. Nelle relazioni non sai mai che cosa succede, che cosa l’altra persona fa, devi sempre essere pronta a tutto, devi essere capace di cambiare programma in fretta. Questo vale anche per la fede delle donne? Per loro Dio è non l’emanatore di leggi eterne, ma l’altro (ogni tanto un po’ incomprensibile e capriccioso come il marito), con cui stare in relazione?
L’incredulità di Elisabetta passa presto e dà spazio a una profonda gioia. Dio c’è. Dio è vicino. Ha visto l’umiliazione di colei che lo ha aspettato con pazienza. In un angolo segreto del suo cuore, la speranza aveva continuato ad ardere come una piccolissima fiamma. Ora Elisabetta è tutta raggiante, e Maria, quando incontra la cugina, se ne accorge.