«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò» (Giovanni 20,25)
Spesso Tommaso viene visto come un esempio negativo: un credente, sì, ma dalla fede debole, uno che non sa credere se non tocca e non vede. Mentre la fede dovrebbe essere “certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono” (Ebrei 11,1). Tommaso, invece, dovrebbe essere visto come un credente veramente autentico perché dice ciò che molti pensano ma non dicono: riconosce la fragilità e la provvisorietà della propria fede. Il Vangelo ci indica questo apostolo così: “Tommaso detto Didimo” (Giovanni 20,24). “Didimo” vuol dire gemello, e forse Tommaso è anche gemello nel senso del segno zodiacale: segno di una personalità duale, di un’identità incerta e carica di dubbi. Ma è proprio così?
Il Vangelo ce lo presenta come un uomo normale. Non riesce a credere alla risurrezione perché gli sembra una scappatoia fantasiosa, che contrasta la realtà . Qual è la realtà ? La realtà è che Gesù – l’amico, il maestro, il riferimento che aveva cambiato la sua vita – è morto, finito, sepolto! Che consolazione ci può essere nel contrabbandarlo per vivo quando invece è morto? Tommaso, un uomo normale, concreto, che dubita, ma anche un uomo saggio, non sciocco. Un uomo che fa domande e si pone domande, come la fede cristiana consente, anzi richiede. Credere non significa smettere di pensare, di dubitare, di interrogarsi.
Il Vangelo ci dice che, nonostante i dubbi, egli è ancora lì, insieme agli altri. Lo ritroviamo al suo posto di sempre, insieme alla sua comunità . Non rompe con la comunità , non se ne inventa una nuova, una a sua immagine. Egli è lì, insieme ai suoi fratelli e alle sue sorelle e con loro affronta la crisi che lo travaglia. Tommaso è lì e, nonostante i suoi dubbi, è ancora chiamato apostolo: “uno dei dodici” (v.24). E con questa precisazione, il Vangelo ci dice che, fin dall’inizio, la chiesa del Risorto include Tommaso perché è una comunità accogliente, calorosa, che include (non esclude). Una comunità che ha sempre bisogno della presenza del suo Signore che continuamente le dice: «sii credente e non incredulo» (v.27). Solo in base alla parola di Gesù, solo alla sua presenza la chiesa crede, ha la possibilità di credere nonostante la propria quotidiana incredulità .