“Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra. Dio disse: Ecco il segno del patto che io faccio tra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni future. Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra.”
Genesi 9,11-13
Quando le acque in superficie tornano al loro posto e la terra è prosciugata, rimane solo una devastata uniformità. Tutto è tornato indietro, quasi ai primi stadi della creazione. Ma tutta la diversità del creato è conservata in uno stadio germinale sull’arca, perché Dio ha allo stesso tempo annientato e protetto la sua creazione, compreso l’essere umano, fragile e affetto da una radice di perfidia e ribellione.
La prorompente bellezza della creazione è dunque pronta a dispiegarsi di nuovo su tutta la terra. Dio qui stabilisce il suo primo patto, che precede qualsiasi dimensione successiva e che riguarda soltanto la garanzia che discende (o risale?) sino alla radice stessa del vivente, in tutte le direzioni della sua quasi infinita diversità. Questa è l’elezione che il Dio vivente dona ad ogni creatura, ed è annunciata a Noè come rappresentante di tutta la creazione. Questa alleanza di Dio con ogni creatura è la nota profonda che vibra in tutto l’universo.
L’arcobaleno, il ponte di luce che illumina la sera umida dopo la pioggia, è in grado di rammentare all’essere umano la sua dimensione di creatura, e lo libera sia dalla presunzione di essere il padrone e il centro dell’universo, sia dalla dimensione nullificante e deresponsabilizzante del triste luogo comune dell’essere umano quale insignificante granello perduto nel caos della casualità fisica.
Il pensarci creatura che deve tutto a Dio ci conduce invece alla dimensione ospitale e alla responsabilità nella casa che Dio ha predisposto per noi, e fatti di essa padroni provvisori, non per volontà propria, ma in quanto custodi del giardino che il Signore ha voluto donarci.