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Esodo 16,18b

«…Ognuno ne raccolse quanto gliene occorreva per il suo nutrimento».

Il nostro verso si colloca all’interno della storia del popolo di Israele in fuga dall’Egitto verso la terra promessa. Siamo nel deserto, luogo di isolamento, in cui un’intera generazione vivrà  per quaranta anni.

Ogni volta, nel ripiantare le tende è data al popolo la possibilità  di lasciarsi alle spalle situazioni difficili e ricominciare più maturo e saggio a partire dalle prove superate. Invece le vicende di quei quarant’anni ci sorprendono: anziché affrontare il presente con maggiore fiducia, la comunità  mormora. Nel libro di Esodo il tema del mormorare torna più e più volte e se ne evidenzia l’impatto negativo in tutte le relazioni. Di certo il popolo nell’isolamento fu provato e stanco, ma perché invece di invocare l’aiuto di Dio mormorò contro Mosè e Aronne? È questo il nodo posto in luce da Esodo 16.

«E Mosè disse: “Vedrete la gloria del SIGNORE quando stasera egli vi darà  carne da mangiare e domattina pane a sazietà ; perché il SIGNORE ha udito le vostre mormorazioni contro di lui. Noi, infatti, che cosa siamo?
Le vostre mormorazioni non sono contro di noi, ma contro il SIGNORE
» (v.8)

La manna, dunque, fu una prova e che tipo di prova, se non una spirituale, una prova per la nostra fede in un periodo di quarantena e oggi, di quaresima?
Il testo ci svela che il popolo non si rivolse a Dio e quando Egli mandò pane dal cielo, non ne comprese il fine didattico. L’eco di quest’atteggiamento ritornerà  nel Vangelo di Giovanni 6:30-40. Al contrario, la manna è possibilità  di riscatto in una situazione di completa mancanza di fede. Iddio tramuta l’incredulità  in scelta per la salvezza: insegna a vivere in modo sano le nostre relazioni anche con il Creato.

«…chi ne aveva raccolto molto non ne ebbe in eccesso, e chi ne aveva raccolto poco non gliene mancava. Ognuno ne raccolse quanto gliene occorreva per il suo nutrimento.»

L’insegnamento è l’affidarsi a Dio e imparare a vivere senza eccessi, di modo che nessuno sperimenti la penuria. Ciò che Dio dona non deve essere conservato gelosamente e nascosto: tutto ciò che ci affanniamo a metter da parte svanirà  (si veda anche Matteo 6: 25-34), a rimanere sarà  solo quello che avremo raccolto secondo le istruzioni di Dio con gli altri, assieme, come parte di una moltitudine.

Il tempo diviene un invito di purificazione da noi stessi per comprendere di cosa abbiamo bisogno di nutrirci e in che misura. Iddio risponde alle nostre mormorazioni con la sua infinita Misericordia. Il cambiamento è la sola risposta a questo meraviglioso dono che è la manna: il pane dal cielo, cibo per le nostre anime, per le nostre comunità .

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