«Il Signore ha rivolto a me lo sguardo per cancellare la mia vergogna fra gli uomini». (Luca 1,25)
Prima di diventare la storia del “bambino Gesù”, l’attesa di Natale racconta la resurrezione di una donna anziana e sterile, Elisabetta. Con lei l’intero popolo può lodare il Signore delle liberazioni, “che ha rivolto a me lo sguardo per cancellare la mia vergogna fra gli uomini” (Luca 1,25).
Interruzione di una non-gravidanza, la storia di Natale è prima di tutto la riapertura, il nuovo inizio, il risorgere di un passato. L’attesa dei tempi “nuovi”, che stanno per sbocciare, è gravida dei ricordi delle primavere annunciate, dei rinnovamenti abbozzati, delle profezie proclamate. Eppure, senza l’irrompere del Dio liberatore, i ricordi rimangono roba di avanzata età sterile. E’ proprio il passato che deve essere riaperto, per cominciare. Storia già raccontata, eppure storia incredibile, come lo ricordano il silenzio di Zaccaria e il nascondersi di Elisabetta.
Come il grembo sterile di una anziana signora il passato può essere riaperto. Il passato delle nostre storie, dei nostri itinerari personali, di famiglia, di comunità , di chiesa, di popolo, di cultura. Certo tutti questi passati possono sempre morire nella sterilità ; ma si può anche discernere l’incompiuto nel passato personale o comune, ciò che aspetta del nuovo, ancora adesso, come compimento. Questa è anche nascita miracolosa di Natale: contro l’illusione idolatra del nuovo, contro il nuovo come bombardamento di novità , dire e vivere il “nuovo” come compimento dell’antico.
Il presente messianico non nasce dal nulla. La nascita verginale è il passaggio al limite di tutte le sterilità vinte che, per le antiche tradizioni bibliche, è sempre una resurrezione. La vita del popolo, minacciata di estinzione, riparte. Il Dio della promessa ha già regalato numerosi figli alle madri dei nostri padri. Tra il troppo tardi di Elisabetta e il troppo presto di Maria, il tempo messianico annuncia il presente di Dio che dona e ridona la vita quando non è più, o non è ancora, all’ordine del giorno. Dio è un Dio che viene, dalla Creazione all’Apocalisse, e che, venendo, suscita l’uomo che va, l’umano che, come Abramo, o Mosè, o Paolo… lascia il suo paese. Il dono di Natale è poter vivere pienamente questo oggi di Dio che ci viene incontro, senza temere i “troppo tardi” o i “troppo presto”, essere veramente presenti al presente, liberi dal passato come dittatura e dal futuro come paura.