Nell’anno della Riforma sono sbocciati molti studi sulle donne della Riforma. È per me un grande arricchimento studiare le loro vite e i loro scritti, scoprire la vivacità di donne che nel XVI secolo si sono sentite investite dallo Spirito santo e hanno percepito di esser parte della chiesa, a tal punto da poter parlare ed esprimere il proprio commento alle Scritture. I riformatori contribuirono ad aprire la strada al protagonismo delle donne.
Lutero ha abbattuto le forme di esclusione delle donne e dei laici con la sua comprensione del sacerdozio universale dei credenti. È lo stesso riformatore che, chiudendo i conventi – che erano pur sempre dei luoghi possibili di educazione delle giovani donne – mise al loro posto scuole che davano accesso a maschi e femmine, allargando così l’istruzione di base anche ai ceti più popolari.
Calvino sosteneva che il divieto alle donne di parlare in pubblico è un precetto storicamente situato, e non un comandamento eterno di Dio. Negli stessi anni Bucero cercava di far passare la sua riforma dei ministeri nella chiesa inserendo le donne come diacone. E anche se non ci è riuscito subito ha ancora una volta fatto spazio alle donne immaginandole in ruoli ministeriali.
Le donne di quel secolo non erano da meno. A Ginevra predicavano Marie Dentière e Claudine Levet. Ambedue avevano capacità di parlare in pubblico scuotendo gli animi e Farel si faceva accompagnare ora dall’una ora dall’altra, esaltandone la capacità di comunicazione. Di Dentière abbiamo anche tre saggi, e lei stessa, nella dedica alla regina Margherita di Navarra, scrive che anche se le viene vietato di predicare in pubblico non c’è il divieto di scambiarsi pensieri e commenti edificanti tra donne. I suoi testi ovviamente erano letti anche dagli uomini, così come quelli di Caterina Zell, forse la prima donna a osare sposare un ministro di culto. Zell scrive infatti un primo piccolo saggio polemico in difesa del matrimonio dei pastori, e contro la corruzione e il concubinato dei preti. Sia Caterina Zell che Argula von Grumbach sono ricordate anche per aver celebrato i funerali di donne o uomini dei gruppi radicali della Riforma, funerali che i pastori “ufficiali” rifiutavano di presiedere.
Queste donne dalla vasta conoscenza biblica e dalla spiritualità profonda, mettevano in pratica la grazia incondizionata di Dio, mettendo i loro doni al servizio di coloro che erano più emarginati. Come scrive Marie Dentière “i talenti di Dio non si possono nascondere e così sprecare”. Anche in Italia vi furono donne che lottarono per la propria fede. Alcune erano regine o nobili e alle loro corti trovarono rifugio circoli di calvinisti, gruppi di studio della Bibbia, traduzioni di testi riformati fondamentali. Altre erano donne del popolo, che osavano vendere uova e uccellini durante la Quaresima o lavorare nei giorni di festa, donne che contestavano il Purgatorio e l’intercessione dei santi. Erano le più temute dall’Inquisizione, perché se la fede protestante era arrivata a contagiare le donne e i fanciulli voleva dire che la sua diffusione era grande. Molte dovettero fuggire e di loro restano a volte i nomi, a volte il ricordo di credenti di grande coraggio, capaci di sfidare la chiesa e la società per la libertà ricevuta in Cristo.