L’iniziativa ecumenica della Chiesa valdese di Firenze. Francesco Sciotto: «Lo Stato non può dire una parola ultima sul tempo e la vita delle persone»
Ritrovarsi per riflettere e pregare contro l’ergastolo: è l’iniziativa presa dalla Chiesa valdese di Firenze che ha organizzato una giornata ecumenica di preghiera contro l’ergastolo per sabato 6 febbraio nel tempio valdese di via Micheli. Un incontro che sarà introdotto al mattino dalla pastora valdese di Firenze, Letizia Tomassone, e che vedrà la partecipazione di magistrati, docenti universitari e poi testimonianze fino al pomeriggio quando ci sarà la preghiera ecumenica.
Ma perché le chiese cristiane pregano per abolire l’ergastolo dalla legislazione italiana? Lo chiediamo al pastore valdese Francesco Sciotto, responsabile del Gruppo di lavoro sulle carceri della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI).
«Intanto – spiega Sciotto – , è da premettere che la FCEI già da un paio d’anni ha aderito alla campagna avviata da altre associazioni ed enti sull’abolizione dell’ergastolo. La FCEI, quindi, si è già espressa a chiare lettere».
Perché i credenti si devono impegnare contro l’ergastolo?
«Perché ogni credente vive nella prospettiva della riconciliazione della solidarietà , quindi penso che ogni credente debba pensare che lo Stato non possa dire una parola ultima sul tempo e la vita delle persone. Perché altrimenti lo Stato non ha senso».
A che serve lo Stato, sotto questo aspetto?
«Lo Stato ha senso se favorisce condizioni e opportunità di reinserimento e riconciliazione. L’ergastolo, soprattutto quello ostativo (quello che nega ogni misura alternativa al carcere e ogni beneficio penitenziario, ndr) è come una pena di morte. È lo stato che abdica a sé stesso, perché non sa dare un’altra risposta a questa persona. Lo Stato deve dare opportunità alle persone. Uno Stato che dice: “Non c’è niente da fare, butto le chiavi” ha perduto la battaglia. In più è uno Stato cieco e sordo alle possibilità che le persone cambino. Ci sono più di 1700 persone in Italia condannate all’ergastolo e più della metà con un ergastolo ostativo. Penso che le chiese debbano impegnarsi contro l’ergastolo perché la conversione, anche alla luce delle parole di Gesù Cristo, è sempre possibile».
C’è anche il tema più ampio delle condizioni delle carceri italiane e delle condizioni di vita dei detenuti…
«Spesso sono condizioni terribili, viene offerto pochissimo e non si applicano (o si applicano poco) le misure alternative».
E del 41bis, ovvero del regime di “carcere duro”?
«E’ una condizione di detenzione assolutamente privativa e mostra l’incapacità di dare una risposta diversa».
Infine, il tema dell’assistenza religiosa in carcere. Esiste un livello di parità tra le varie fedi e confessioni?
«Assolutamente no, gli unici che possono sempre entrare in carcere sono i cappellani cattolici, in molti casi noi protestanti facciamo fatica a entrare. Non parliamo, poi, dei detenuti di fede islamica che di fatto sono privati dell’assistenza religiosa, se non per interventi discrezionali dell’amministrazione penitenziaria. Su questi temi, come FCEI presenteremo una nostra proposta normativa».
28 gennaio 2016