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Dalle Palme al Venerdì santo

La storia della Passione di Gesù resta un fatto sorprendente che non cessa mai di sorprenderci

Torre Pellice, 8 Aprile 2022

È tradizione leggere la storia della Passione di Gesù durante il culto del Venerdì santo, ripercorrendo insieme alla comunità  le tappe del suo calvario. Il rischio è sempre quello di cadere nell’abitudine, mentre dovremmo ascoltarla come se fosse la prima volta: in questo modo potremo tuffarci in profondità  nel testo, cogliendone elementi nuovi e sorprendenti. Saremo subito colpiti da una narrazione stranamente sobria, visti i gusti letterari del tempo inclini al melodrammatico. Una sobrietà  disarmante, che vuole renderci spettatori inerti e agghiacciati dalla violenza riservata al Figlio di Dio, e rammentarci così tutta la brutalità  di cui gli esseri umani sono capaci. Da questo punto di vista, purtroppo, Gesù è solo uno dei tanti che hanno sofferto e che soffriranno per mano d’uomo.

Nelle storie evangeliche che precedono la Passione, noi lettori abbiamo conosciuto un Gesù vicino alla gente, soprattutto ai semplici e agli ultimi della società . Al di là  di ogni discorso di fede, abbiamo percepito chiaramente il carisma emanato da quest’uomo buono che aiuta chi è nel bisogno, invitando i suoi ascoltatori a fare altrettanto. Ad essere torturato con Gesù, quindi, è il lato migliore dell’umanità , quello che cerca il bene del prossimo ed è capace di farlo. Rifacendosi agli scritti che parlavano della sofferenza della persona innocente e virtuosa, gli evangelisti vogliono dare al Nazareno un posto nel panorama delle Madri e dei Padri d’Israele. Gesù vive ora sulla sua pelle le conseguenze del suo insegnamento di pace, di cui erano stati espressione paradossale e sconcertante i detti che invitavano all’amore per i nemici e a porgere l’altra guancia. Parole innaturali, che ci mettono profondamente in discussione, interpellandoci, ad esempio, sul ruolo delle chiese in un conflitto come quello che si è acceso da poco tempo ai confini dell’Europa. Su ogni guerra l’insegnamento di Gesù ci dice una cosa precisa: la violenza può forse interrompere un’aggressione, ma non può costruire la pace. Questa si edifica giorno dopo giorno seguendo le sue parole e disinnescando le macchinazioni di chi trae profitto dalla sofferenza.

Fin qui la Passione richiama il dramma dell’umanità . A rendere unico questo racconto, tuttavia, è l’appello rivoltoci ad accettare il modo scandaloso e inspiegabile in cui Gesù si è mostrato come Signore del mondo. È allora bene leggere anche l’episodio dell’ingresso trionfale a Gerusalemme: in questo modo ricreiamo a livello narrativo lo schema dell’inno di Filippesi 2, 6-11, una della più antiche attestazioni della fede cristiana, che raffigura l’evento Cristo in termini di gloria preesistente, discesa/umiliazione e glorificazione finale. Per essere veramente Re, infatti, Gesù prima deve passare attraverso la sofferenza e la morte. I primi cristiani sono stati unanimi nell’affermare che il Venerdì santo è una necessità  e non solo un incidente di percorso, al quale Dio pone rimedio con la resurrezione, e questo resta uno dei misteri più inspiegabili della fede cristiana, a cui si è cercato di dare una risposta ricorrendo alle Scritture, soprattutto riferendosi al Servo del Signore, di cui ci racconta il profeta Isaia: Gesù, giusto per eccellenza e uomo innocente, paga con la sua morte il prezzo dei peccati dell’umanità , permettendone il riscatto. Per una religione fondata sul sacrificio nel tempio com’era il giudaismo di allora, questo tipo di linguaggio era di immediata comprensione; per noi un po’ meno, ma il concetto è comunque decisamente chiaro.

Il Venerdì santo, dunque, esito drammatico di un soggiorno a Gerusalemme iniziato in maniera trionfale, costituisce un invito a credere nel Dio che si fa essere umano fino alla prova estrema, vivendo il percorso della sofferenza e della morte come espressione massima della Sua comunione con noi. Ogni anno riceviamo questo annuncio, che ci pone di fronte a ben precise scelte di vita. Davanti alla tomba che si chiude, sapremo trovare il coraggio di trovare Dio in quell’uomo che giace sulla fredda pietra?

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