Comunione di chiese protestanti in Europa: il lavoro dei gruppi sui testi-base
Torre Pellice, 17 Settembre 2018
Nella giornata di venerdì i partecipanti all’Assemblea che si concluderà domani a Basilea hanno lavorato in gruppi impegnativi per la densità delle materie e per quello che alle conclusioni dovrà seguire, a livello della CcpE e a livello delle singole Chiese che ne fanno parte.
Emblematico, in questo senso, il documento sulla «Teologia della diaspora». Esiste una diversa percezione dell’argomento, fra le grandi chiese «di popolo», o maggioritarie, o di Stato, e le piccole chiese di minoranza, come la valdese. Sabina Baral ha rievocato il momento in cui ai valdesi fu permesso di uscire dal «ghetto alpino» per portare l’Evangelo in ogni zona d’Italia. Fare diaspora, essere diaspora era allora anche un segno della grazia e un impegno di testimonianza. Forse oggi ci si spaventa di fronte alle situazioni di dispersione, e si reagisce con molte azioni e progetti (dall’ambito diaconale a quello della presenza nello spazio pubblico ai rapporti con lo Stato), mentre le chiese perdono consistenza numerica. Il documento base riconosceva questa nuova situazione, in cui i cristiani d’Europa diventeranno minoranza all’interno di società sempre più secolarizzate (perfino nel mio paese – ha detto una delegata polacca – non si può più parlare automaticamente di maggioranza cattolica); ma forse scopriremo che abbiamo a che fare anche con una sorta di «diaspora esistenziale» – ha detto la rappresentante valdese – in situazioni in cui i credenti possono trovarsi, dal carcere all’ospedale, i luoghi della cappellania. Sarebbe, questa, «una chiesa in uscita, che lascia Cristo al centro e annuncia il Vangelo a tutti, senza paure. Ma per fare questo dobbiamo tornare a interrogarci su chi è Gesù Cristo per noi». Armonizzare il compito della testimonianza (la Chiesa protestante unita di Francia intende se stessa proprio come una «chiesa di testimoni») con la necessità della visibilità pubblica (intesa da qualcuno – Danimarca – come argine al progressivo calo di membri) è tutt’altro che scontata: per questo il documento andrà alle Chiese in vista della successiva Assemblea.
Quanto al documento fondamentale sulla comunione ecclesiale, dice il pastore Pawel Gajewski, che aveva collaborato alla sua stesura, «esso ha ricevuto dei miglioramenti. Nel suo impianto generale, e soprattutto nella parte centrale che definisce la “comunione tra chiese”, non ci sono state controversie né in gruppo né in plenaria. La preoccupazione, giustificata, di alcune chiese è che questa comunione, realmente vissuta, possa incidere in qualche modo sia sui loro ordinamenti interni sia nei rapporti con gli Stati in cui si trovano; ma questo documento, e quello denominato La chiesa di Gesù Cristo (Claudiana, 1996), sono le due colonne di un portale attraverso cui entrare nella dimensione di una “comunione reale” tra chiese, una comunione vissuta molto sul piano spirituale e su quello dei documenti dottrinali, ma che ora si vuol rendere più concreta, dotandosi anche delle strutture operative a partire dalla sede di Vienna, in vista di scambi di ministri della Parola e di collaborazioni anche permanenti; con scambi di sussidi per l’evangelizzazione e per il catechismo. Questa comunione sul piano spirituale è viva, ora bisogna renderla coinvolgente, non per le dirigenze ecclesiastiche ma a livello di ogni chiesa locale. Da questi livelli di dibattito teologico e “giuridico”, che sono stati elevati, bisogna cominciare a rendere accessibili alle chiese le conclusioni di questi documenti, perché ogni membro delle nostre chiese possa essere consapevole di fare parte di una comunione di 60 milioni di sorelle e fratelli sparsi in tutta Europa, tra chiese molto grandi e “potenti” e chiese come le nostre, piccole benché molto ascoltate».
«Il gruppo sulla formazione si basava sul lavoro prodotto negli ultimi sei anni da un gruppo regionale della CcpE, quello del Sud-Est Europa, a cui fanno capo valdesi e luterani italiani insieme alla Chiesa della Baviera e altre di alcuni paesi dell’Est come Slovenia, Slovacchia, Ungheria e altre ancora – spiega il pastore Heiner Bludau, decano della Chiesa luterana in Italia (Celi). Nel documento sono elencate delle esperienze. Ne è scaturito che la formazione dovrà essere centrale nel cammino futuro delle diverse chiese, perché specialmente per quelle che vivono una condizione “di diaspora” la formazione è tanto più importante; abbiamo visto che per la CcpE il luogo fondamentale della formazione è l’incontro, e il risultato del nostro lavoro è una richiesta alla CcpE di promuovere il più possibile incontri su questo tema per chiunque possa lavorare nel settore». A questo proposito, il pensiero va subito alla contingenza anomala ma creativa in cui si trova un pastore luterano tedesco in Italia: «Per me molto è cambiato rispetto a otto anni fa, quando sono arrivato in Italia – prosegue Bludau -: capisco meglio di prima il mio essere luterano, mi sento interpellato a più livelli, più di quanto avveniva in Germania. Da questo punto di vista, questa Assemblea mi permette di incontrare tante piccole chiese, luterane e anche riformate, con le sfide che ci portano. Tutta l’Assemblea dà impulso e invita grandi e piccole chiese dando il loro contributo, un vero e proprio incoraggiamento».
La pastora metodista Mirella Manocchio, presidente dell’Opcemi, ha partecipato al gruppo sul «pluralismo religioso», il cui esito costituisce l’avvio di un lavoro destinato a proseguire a lungo. «Uniforme è stato il giudizio positivo sul documento, un aiuto per la riflessione nelle chiese – ci dice -; tuttavia alcune voci sono state più problematiche sulla questione della “grazia radicale” o del sola gratia: ci si è resi conto che nel volerci confrontare con le altre fedi, ci tocca metterci in questione e riflettere su alcuni principi chiave della nostra fede. Non tutti hanno bene accolto il modo in cui il concetto viene definito nel documento, ad alcuni pare che si voglia abbandonare la specificità dell’essere cristiani, rischiando di cadere in una specie di indifferentismo. Le domande hanno riguardato il rapporto tra sola gratia e sola fide, il rapporto con la figura di Gesù Cristo; in realtà nel documento questo appare non come un ostacolo, ma come un elemento di vicinanza. Il testo ci arriva non tanto partendo dall’idea di salvezza a seguito della morte e resurrezione di Cristo ma dal modo in cui Gesù si relaziona con i credenti di altre fedi. Se ci riconosciamo in lui, dobbiamo agire come ha fatto lui con la donna siro-fenicia, con il centurione romano e con gli ebrei stessi. Per molti degli intervenuti questo dovrebbe essere il nostro approccio, ma altri si sono chiesti: come esprimiamo allora il concetto di “verità ” («Io sono la via, la verità e la vita…). Il rischio è di non avere più uno specifico da proporre a chi ci incontra. C’è però chi vede la grazia non come limitata a una chiesa ma in collegamento alla figura di Dio, un Dio che ama tutti in maniera non esclusiva e vuole la salvezza de mondo intero». Anche in questo caso il documento andrà proposto alle Chiese, e non sarà una discussione scontata.
Altri gruppi hanno lavorato nella giornata di sabato, fra i quali uno dedicato alle celebrazioni del 2017 per il 500° anniversario della Riforma. Nella serata invece i membri dell’Assemblea hanno ascoltato un intervento di Andrea Riccardi (Comunità di S. Egidio, storico e fondatore della Comunità di S. Egidio) sul tema dell’accoglienza da parte di un’Europa che sta sperimentando invece la paura. L’indomani, nel corso del culto solenne in cattedrale, in coincidenza anche con la «Giornata » della Federazione delle chiese protestanti in Svizzera (Feps), una «Dichiarazione d’intenti» è stata firmata da Gottfried Locher, presidente della CcpE, e dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: si tratta dell’avvio di un dialogo sul tema del riconoscimento fra chiese e dell’unità dei cristiani. L’Assemblea prevede per oggi l’impostazione di nuovi impegni di lavoro per i prossimi anni. Domani le ultime mozioni e la chiusura dei lavori con il culto finale e l’insediamento del nuovo Consiglio.
Tratto da Riforma.it