Il racconto dell’Assemblea generale della Cevaa
Si è conclusa domenica 12 ottobre, con la partecipazione ai culti in diverse comunità locali delle Valli valdesi, la 13a Assemblea generale della CEVAA. Sette giorni prima l’assise si era aperta sempre con un culto nel tempio valdese di Torre Pellice, con la predicazione affidata alla moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta: un culto nel corso del quale l’ampia comunità di credenti costituita da delegati e delegate delle diverse chiese della CEVAA – ma anche da membri delle comunità valdesi delle Valli che hanno spontaneamente partecipato a questo momento – si era riunita intorno alla parola dell’evangelo secondo Giovanni (15,1-11), che invita a dimorare in Cristo per poter portare frutto. Questa immagine, oltre a rappresentare un centro tematico per il culto – nel quale le diverse voci che si sono alternate nella presidenza hanno messo in luce i frutti che, anche attraverso la comunione tra le chiese della CEVAA è stato possibile cogliere, come doni offerti dallo Spirito di Dio – è ritornata più volte nel corso della settimana di dibattiti e discussioni che hanno animato l’incontro.

La CEVAA continua ad essere – e questo elemento è particolarmente evidente in un’Assemblea generale – una comunità di chiese che, convocate dal Signore che le ha chiamate alla testimonianza, desiderano condividere i diversi doni a loro disposizione perché la loro testimonianza in un mondo fragile e diviso risulti più efficace e convincente. Come posso parlare dell’amore di Dio per il mondo, se ignoro quelle sorelle e quei fratelli che fanno parte di questo mondo? In questo senso, l’opportunità di condividere dei tempi di vita comune (nei pasti, nelle preghiere che concludono le giornate di lavoro, negli studi biblici in piccoli gruppi che aprono le attività quotidiane) rappresenta un’opportunità unica e benedetta. Come vivono i luterani in Gambia? Quali canti animano la fede delle sorelle e dei fratelli del Madagascar? In che modo le chiese protestanti francesi vivono il rapporto con la CEVAA? Sono domande molto diverse, che non seguono un filo logico, ma sono aspetti di quella vita comunitaria che – anche e proprio nel corso di un’Assemblea generale – possono essere approfonditi. Si aggiunga che, per una chiesa di minoranza come la nostra, l’opportunità di ospitare una simile assemblea internazionale rappresenta una sfida ma anche un incredibile arricchimento. Grazie all’impegno del Comitato locale di accoglienza, un gruppo di volontarie e volontari di diverse chiese dell’area piemontese ha garantito una costante e continuativa presenza per “appoggiare” i delegati nelle loro necessità. Questa presenza ha rappresentato per qualcuno una possibilità unica per conoscere meglio la vita della CEVAA, per comprenderne i contorni ma anche per rendersi conto che il cristianesimo conosce, in molti altri luoghi del mondo, una vivacità e una crescita che noi tendiamo a non vedere.
Cinquant’anni dopo la nascita della CEVAA, figlia di quel cambiamento di paradigma nell’orizzonte missionario, che volle sostenere la necessità di una missione che non era più orientata in una sola direzione (da Nord verso Sud) ma presupponeva una maggiore collaborazione tra tutti i soggetti, la comunità di chiese in missione si trova oggi (come molti altri organismi ecumenici?) ad un ulteriore punto di svolta. In un certo senso, l’esigenza di riformulare gli elementi essenziali che caratterizzano la comunità, attraverso gli assi di una nuova strategia, segnala il bisogno di trovare dei nuovi punti di riferimento. Da un lato, tale esigenza ha direttamente a che fare con questioni di bilancio; dall’altro lato, mi sembra di poter dire che, a cinquant’anni di distanza, si pone la necessità di ritrovare – in un mondo decisamente molto cambiato – le ragioni ideali che sostengono un organismo di questo tipo. Si potrebbe dire che le chiese italiane, rispetto ad altre chiese dell’area europea (Francia e Svizzera), che hanno sempre mantenuto anche altri organismi che si occupano di missione, esprimono con maggiore convinzione l’adesione alla CEVAA: non solo per il legame “affettivo” che molte comunità locali hanno nei confronti di questa organizzazione o per il sostegno che si realizza anche attraverso fondi Otto per Mille, ma soprattutto perché si continua a considerare la CEVAA come quella porta essenziale che mette in relazione con il cristianesimo globale, favorendo lo scambio tra le persone e animando la riflessione teologica attraverso modalità differenti rispetto a quelle a cui siamo più abituati. Certo, la volontà di “leggere” la CEVAA in questi termini non può essere espressione di una singola chiesa, deve essere un progetto condiviso.

E rispetto a questo progetto condiviso, cogliamo anche le note dolenti dell’Assemblea generale. Come già abbiamo accennato, le difficoltà di prospettiva sono anche difficoltà economiche. Sarebbe troppo semplicistico dire che il problema dipende – esclusivamente – dalle chiese europee francesi e svizzere che, in modi diversi, hanno scelto di contribuire in misura minore alla vita della comunità. Avere meno denaro a disposizione significa dover diminuire le attività: ma dove operare il taglio? Questa è una delle domande rimaste senza risposta nel corso dell’assemblea. D’altro canto, la sollecitazione più volte emersa, e indirizzata alle chiese del Sud globale, ad assumere maggiore responsabilità (anche contributiva), non è stata realmente colta. In maniera schietta (perché la fraternità è anche schiettezza), il tema è stato posto più volte nel dibattito assembleare, senza ottenere risposte esaustive. Qualcuno ha rilevato che non si può escludere questo ambito dal discorso relativo alla decolonizzazione, ovvero quella riflessione complessiva, che ha anche una prospettiva teologica, che segna un cambiamento di paradigma nei rapporti tra chiese del Sud e chiese del Nord del mondo. Se le chiese del Sud (in oggettiva crescita) non sono disposte a farsi maggiormente carico anche degli aspetti economici legati a certi organismi, non si pone forse il tema di un “colonialismo” finanziario (che fa comodo mantenere)? Questo rappresenta sicuramente un punto da approfondire nel quadro globale dei cambiamenti del cristianesimo, che mostra punte di vivacità in molti contesti lontani dall’Europa, che pure serbano una forte dipendenza dal Vecchio Continente.
Anche questa è una delle sfide che il nuovo consiglio della CEVAA dovrà raccogliere: il nuovo presidente, che succede al pastore metodista Michel Lobo, è il pastore Tehuiarii Pifao, della Chiesa protestante Mahoi, nella Polinesia francese; inoltre, siede nel consiglio il pastore Gabriele Bertin, che rappresenta insieme ad altri due membri delle chiese francesi la regione europea. Anche la segretaria generale, la pastora Claudia Schulz, è stata rinnovata nel suo incarico per un secondo mandato. Forse, in questo tempo, anche questo è il compito della CEVAA: affrontare queste tensioni e difficoltà per riuscire a condividere, anche oggi, frutti di speranza, nella testimonianza e nell’azione.

