Un ricordo del suo lungo ministero
Il pastore emerito Salvatore Ricciardi (1938-2025) ci ha lasciato nei giorni che la chiesa ricorda come il tempo tra l’Ascensione e la Pentecoste. Dopo l’Ascensione siamo invitati a decriptare il messaggio dell’Evangelo per dimorare, come dice Giovanni, nell’Evangelo e tra l’Evangelo. Pentecoste dono dello Spirito. Dello Spirito conosciamo solo gli effetti: colui che mi spinge nella condivisione continua dell’annuncio della Buona Novella. Lo Spirito è colui che mi chiama a vivere la chiesa, ad essere nella chiesa. Ad essere oggi un testimone.
Il ministero del pastore Ricciardi è stato caratterizzato da una molteplicità di incarichi e di funzioni che hanno sempre unito la dimensione locale a un’attiva ecumenica svolta con grande competenza. Tante sorelle e tanti fratelli si sono formati nell’ascolto della sua puntuale predicazione, dei suoi studi e delle sue conferenze, nella costanza delle relazioni di aiuto e sostegno verso quella rete – umana e spirituale – che costituisce la spina dorsale delle nostre comunità.
Pastore che ben conosceva i due poli del nostro Paese. Un lungo tempo trascorso nel Mezzogiorno (tra infiniti viaggi per collegare minuscoli gruppi dispersi della diaspora napoletana e tarantina), con altri incarichi nell’Amministrazione della Chiesa; il secondo polo vissuto nelle composite, quanto strutturate, comunità lombarde nelle quali si ritrovano famiglie figlie di quel sud evangelico.
A Bergamo (ultima tappa del suo ministero) sperimenterà ancora una volta l’incontro con le nuove emigrazioni provenienti da altri continenti. In tutta questa variegata realtà di movimenti, di incontri e conoscenze, la convinzione che la Chiesa resta una realtà di comunione che assume il suo carattere vivente e i suoi tratti distintivi nell’affermazione dell’antico quanto attuale proposito: “io annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea…tu sei l’argomento della mia lode nella grande assemblea” (Salmo 22, 22.25). La “festante assemblea” di una comunità vivente raccolta dalla Parola e dai sacramenti.
ll pastore Ricciardi, come altri della sua generazione, seppe trovare quella sintesi felice tra il dato teologico ereditato dal rinnovamento teologico del XXI secolo che porta il nome di Karl Barth, con la realtà dei grandi cambiamenti del nostro mondo. Lo fece con intelligenza e sapienza.
Ancorato in una esigente conoscenza del testo biblico, un pensiero chiaro e puntuale, ne sapeva trarre le conseguenze nell’attualità, per la vita dei credenti e del loro tempo. Aperto all’ecumenismo con la Chiesa romana, è stato membro del Consiglio dell’Alleanza riformata mondiale (ora Comunione mondiale di chiese riformate) e presidente della Cepple (che riunisce le chiese protestanti dei Paesi latini europei); nel dialogo con il mondo pentecostale e, ancora, in dialogo con la cultura in senso ampio. Senza dimenticare, già pastore emerito, il suo incarico nella Commissione sinodale per la diaconia. Conoscitore puntuale delle regole della nostra chiesa, più volte autorevole presidente del Sinodo, non trascurava i dettagli della vita comunitaria in quel principio di collegialità che ne presiede la nostra visione ecclesiologica.
Un portamento, il suo, teso a rivendicare, se era necessario, il senso della laicità e delle istituzioni dello Stato. La collezione dei suoi sermoni (depositati ora all’archivio centrale di Torre Pellice) permetterà, nel futuro, di tracciare un quadro della predicazione della sua generazione teologica.
ll pastore Ricciardi ci ha lasciato nella casa di Riposo a Gorle dove era ospite da tempo. Gli sono stati accanto fino all’ultimo la moglie Elda e l’amato figlio Stefano e molte sorelle e molti fratelli della comunità manifestando il grande debito di riconoscenza nei suoi confronti. Curato con attenzione dal personale e dalla direzione nel corso dei molti anni di permanenza. Un grazie sincero per quanto è stato fatto fino all’ultimo.
Ai famigliari e alla comunità tutta i nostri sentimenti di vicinanza per la sua perdita, ma anche il ringraziamento della fede che ci ha fatto incrociare la sua persona.
