Una sola comunione di preghiera
Ma voi siete la gente che Dio si è scelta, un popolo regale di sacerdoti, una nazione santa, un popolo che Dio ha acquistato per sé, per annunziare a tutti le sue opere meravigliose (I Pietro 2,9); il versetto letto nella sua interezza restituisce un messaggio teologicamente assai rilevante: l’unità della Chiesa di Gesù Cristo intesa non è un obiettivo da raggiungere bensì il fondamento della nostra preghiera. Si prega dunque non solo per la piena comunione tra Chiese cristiane ma soprattutto nella comunione della Chiesa di Gesù Cristo.
Questo testo ci ricorda inoltre che dobbiamo riconoscere prima di tutto la sovranità di Dio sui nostri progetti e quindi concentrarci durante questa settimana non solo sull’intercessione ma molto di più sulla preghiera di lode. Perché nella preghiera di lode appunto si manifesta la verità ecclesiologica fondamentale: la Chiesa di Gesù Cristo è una (indivisa), santa, cattolica (universale), apostolica. Nella comune preghiera di lode la sostanziale unità della Chiesa si manifesta pienamente già adesso.
Come credenti cristiani tuttavia abbiamo bisogno di scopi concreti, visibili del nostro agire ecumenico. Altrimenti rischiamo di andare alla deriva della rassegnazione oppure di rifugiarci in una mistica alienata dalla realtà in cui viviamo la nostra fede. Vorrei proporre quindi due obiettivi da raggiungere. Sono due obiettivi legati alla necessità di aprirci ancora di più l’una all’altra, reciprocamente, nel corso dei nostri incontri di preghiera e dei nostri dialoghi.
Un solo battesimo
Il primo obiettivo che devono porsi tutti quanti i credenti cristiani è legato al pieno riconoscimento del battesimo altrui. Paradossalmente tale riconoscimento non è scontato in alcune denominazioni evangeliche. Si tratta di rimettere in discussione posizioni teologiche e pratiche pastorali legate al cosiddetto “ri-battesimo”. Il mancato riconoscimento del sacramento del battesimo, anche se ricevuto in tenera età , rischia di far prevalere il proprio arbitrio sulla parola di Colui che è l’«Amministratore unico» del battesimo. Non importa se si tratti dell’arbitrio del singolo o di una comunità ecclesiale. Il recente libro di Paolo Ricca Dal battesimo allo “sbattezzo”. La storia tormentata del battesimo cristiano (Claudiana, Torino 2015) potrebbe diventare un valido punto di partenza per un dialogo più ampio possibile su questo argomento. Prego spesso affinché un giorno nella piena libertà di cambiare consapevolmente la propria appartenenza ecclesiale nessuno venga incoraggiato o addirittura costretto a ri-battezzarsi.
Una sola eucaristia
Nel linguaggio protestante si usa di solito una terminologia diversa: “santa cena” o “cena del Signore”. A me invece piacerebbe rivalutare il termine “eucaristia” nella sua accezione biblicamente genuina: il rendimento di grazie per la comunione con il corpo e il sangue di Cristo.
L’estate scorsa mi è capitato di presiedere la liturgia della Cena del Signore, anzi, l’Eucaristia, durante la sessione estiva del Segretariato Attività Ecumeniche (SAE). Ho concordato con il predicatore e con tutte le persone coinvolte nella presidenza del culto che prima della distribuzione del pane e del vino avrei pronunciato la seguente frase: in questa celebrazione tutte le persone battezzate che professano la fede cristiana sono inviate a partecipare alla comunione con il corpo e il sangue di Cristo. La reazione delle sorelle e dei fratelli cattolici ha superato le mie aspettative: la stragrande maggioranza di loro (inclusi anche alcuni sacerdoti) ha partecipato alla comunione.
Da quell’estate continuo a sperare che un giorno sarà un vescovo cattolico, anzi forse addirittura il vescovo di Roma a pronunciare simili parole d’invito.
15 gennaio 2016