Che cos’è la teologia? Esiste un modo protestante di farla? A questi e ad altri interrogativi risponde Fulvio Ferrario inaugurando “Frammenti di teologia”, una nuova rubrica del nostro sito realizzata in collaborazione con la Facoltà valdese di teologia di Roma.
Da un certo punto di vista, la riflessione «teologica» costituisce una realtà abbastanza ovvia: le persone che professano un credo religioso sono portate a porsi domande su di esso. Nella tradizione ebraico-cristiana, queste domande su Dio sono poste nel cuore stesso dei testi di riferimento, cioè delle Scritture. La Bibbia non contiene solo affermazioni, ma anche domande. La rivelazione del Dio di Gesù Cristo ha a che vedere con un interrogare profondo, radicale: quello di Abramo, di Mosè, dei profeti, di Gesù stesso: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Alla luce delle domande bibliche decisive si può comprendere una celebre affermazione di Lutero: «Non si diventa teologo riflettendo, leggendo o speculando, bensì vivendo, anzi morendo e passando per l’inferno». Quando l’interrogazione sulla fede non è salottiera e snob, ma seria, essa è anche sofferta.
La teologia accademica, quella che «riflette, legge e specula», non dovrebbe essere separata da questa «teologia vissuta», cioè dalla fede che cerca, anche mediante il pensiero, il volto di Dio. Nella storia cristiana, però, è avvenuto qualcosa di singolare: la Bibbia ha incontrato la filosofia greca e, in generale, il pensiero teorico. E’ stato, ed è, un incontro quanto mai tumultuoso, spesso conflittuale, ma anche fecondo: la fede si interroga anche utilizzando gli strumenti conoscitivi più elaborati che l’umanità si è data. In passato si trattava appunto, essenzialmente, della filosofia: oggi tale dialogo coinvolge direttamente le scienze, sia naturali, sia umane, oltre naturalmente l’arte e la letteratura. La rivelazione cristiana afferma che Dio entra nel mondo e nella storia, lo stesso mondo e la stessa storia indagati dal pensiero umano e rappresentati dalla sua arte: per tale ragione, la parola di Dio e le parole del sapere umano entrano spontaneamente in rapporto. Leggere la Scrittura vuol dire anche porla in relazione con quanto gli esseri umani pensano di loro stessi e del loro mondo: questa è la teologia. La riflessione teologica, dunque, nasce dalla fede della chiesa: la chiesa che prega, celebra il culto, predica e cerca di testimoniare, si pone domande e osa abbozzi di risposta.
Nel corso dei secoli, la comunità cristiana ha ritenuto opportuno che alcune persone si dedicassero specificamente a questo tipo di ricerca: nasce il teologo più o meno professionista. La Riforma, poi, vuole che tutti i ministri di culto, in quanto predicatori, siano teologi provvisti di una formazione piuttosto specialistica, in modo che il loro annuncio sia semplice, ma non superficiale, banale, meramente esortatorio. La Facoltà Valdese di Roma, ad esempio, intende essere anzitutto questo: una scuola che aiuti la chiesa a formare ministri competenti, spiritualmente e culturalmente sensibili e decentemente preparati. Essendo questo, può anche dedicarsi alla formazione di altri credenti (e non credenti) aperti alle domande della fede. Lutero, come abbiamo visto, ha descritto la teologia in termini appassionati ma drammatici; Karl Barth ne parla come della «più bella e lieta tra le scienze». Hanno entrambi ragione, ritengo. In questo, la teologia è proprio come la fede: non è sempre facile, anzi, ma coinvolge la vita intera in una passione molto intensa, in un impegnativo e bellissimo rapporto non solo con molti libri, ma con Dio.