Appuntamento con la rubrica del pastore Marco Di Pasquale
Negli ultimi due-tre secoli, non vi è guerra per la quale non sia stato invocato quale suo motivo ultimo la “libertà”. Si combatte sempre per la libertà della propria nazione o per quella di qualche altro popolo. Per la libertà di un gruppo etnico, politico o di una classe sociale. Nei Paesi più potenti e ricchi, quasi sempre nellʼarea economica dellʼodierno Occidente, si è chiamati a combattere per la libertà intesa come mantenimento del proprio alto standard di vita.
Ma che cosʼè la libertà? La risposta più diretta, non per questo banale, è che la libertà consiste nel fare ciò che si vuole. È la libertà del volere, il cosiddetto libero arbitrio: si è liberi se si agisce secondo la propria volontà. Questo cela però unʼulteriore domanda: la mia volontà è libera nel volere ciò che vuole? Cioè: io posso anche fare quel che voglio, ma sono libero nel decidere cosa voglio? Non è una questione astratta: la seduzione, la moda, le tecniche sempre più insidiose di persuasione pubblicitaria, la propaganda, sono tutte forme di condizionamento e manipolazione della volontà sulle quali si regge lʼintera società di massa, sia sul versante economico e commerciale che su quello politico e bellico. Seguire la moda nellʼapparente varietà della sua offerta è percepito come sinonimo di libertà ed emancipazione: scelgo quello che voglio e mi sento libero – e anche potente, perché accettato e/o ammirato dagli altri. Non ci si chiede se quella non sia una falsa scelta. Ma il punto non è il sentirsi liberi: è lʼesserlo.
La scelta vera non è fra opportunità, ma fra il bene e il male. La libertà viene infatti anche definita come la facoltà del bene e del male. Il bene è ciò che è scelto da una volontà non asservita a bisogni e passioni, che pur vi sono; è una volontà che sceglie se stessa nella propria autenticità, che sceglie di affermare se stessa senza rincorrere le lusinghe del proprio io – di rispettare una legge che le proviene non da unʼinsaziabile fame di potere ma da qualcosa di altro. Finché il bene consiste in ciò che io voglio, non faccio il bene ma «faccio il male che non voglio» (Rom. 7). E qui la moderna idolatria della libertà crolla: per scegliere il bene, per essere autenticamente se stessa, la volontà deve accogliere e seguire qualcosa che non le viene dalla propria individualità né dal mondo verso cui questa è orientata, qualcosa che essa non può darsi da sé. E questo qualcosa è lʼamorevole grazia di Dio, che è prima di ogni nostra libertà e che sola rende liberi.
