I valdesi e il Papa: per il moderatore della Tavola Valdese, Eugenio Bernardini, i tre incontri dal settembre 2013 a oggi (compresa la storica visita nel tempio valdese di Torino del 22 giugno scorso) «ci danno il segno di un’urgenza, dell’impegno che le chiese devono mettere per rispondere su molti terreni concentrandosi sull’essenziale e rispettandosi anche nelle diversità ».
Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese, fa il punto dopo la visita della delegazione metodista e valdese (guidata dallo stesso Bernardini) da Papa Francesco, in Vaticano di sabato 5 marzo: «E’ stato un incontro di un’ora, in un clima informale, autenticamente fraterno. abbiamo interloquito, posto questioni. Abbiamo parlato anche del dramma dei profughi e dei corridoi umanitari messi in piedi dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI), dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Tavola Valdese».
Non a caso, dunque, il Papa li ha citati nell’Angelus di domenica 6 marzo?
«Sicuramente non è stato un caso. Ne abbiamo parlato e gli abbiamo portato in dono una scatola fatta dal falegname di Lampedusa con il legno dei barconi che trasportano i migranti e i disegni che illustrano i racconti di coloro che sono riusciti a sbarcare. Un dono significativo e gli ho voluto ricordare il suo primo viaggio da Papa fatto proprio a Lampedusa, è il segno di una attività che svolgiamo in collaborazione. Così il Papa all’Angelus ha fatto questa citazione, citando in modo preciso tutti i protagonisti di questa iniziativa».
Cosa vi ha colpito di più?
«In particolare i suoi continui richiami alla Bibbia, ai Vangeli soprattutto, come insegnamento e riferimento per la nostra azione di oggi».
Un’azione impegnativa
«Sì. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che viviamo un tempo che richiede coraggio, strade nuove. Strade da percorrere il più possibile all’insegna del dialogo e della collaborazione ecumenica. Un impegno nel servizio verso gli altri, i più deboli, ma anche una nuova missione di evangelizzazione delle chiese, soprattutto in Occidente. Il tutto, però (e su questo il Papa ha insistito) senza proselitismo, ma con umiltà ».
Questo terzo incontro segue quello del settembre 2013 e, soprattutto, quello del 22 giugno 2015 a Torino. Nell’occasione, lei pose al Papa due punti problematici nel rapporto tra valdesi e cattolici: l’ospitalità eucaristica e il riconoscimento dello status di chiesa. A distanza di più di otto mesi a che punto siamo?
«Sulla questione dell’ospitalità eucaristica bisogna andare avanti con l’immagine del cammino. All’incontro era presente anche il vescovo di Pinerolo, Piergiorgio Debernardi, che ha ricordato quello che si è fatto con i matrimoni interconfessionali e ha detto che su questa scia sarà ripreso il cammino sul tema della liturgia ecumenica del battesimo e della comunione».
La Diocesi di Pinerolo come una sorta di “laboratorio”?
«In un certo senso sì e Francesco ha esortato De Bernardi ad andare avanti».
Sulla questione del riconoscimento di essere una chiesa?
«Ne ho parlato con il cardinale Koch (presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ndr) e mi ha detto che è un tema che la Chiesa cattolica comprende molto bene, che fa parte di infinite discussioni teologiche…».
Insomma, siamo fermi?
«Sì, su questo direi proprio di sì».
Si aspettava qualche passo avanti in più?
«Dall’incontro di giugno sono passati pochi mesi se pensiamo ai tempi che abbiamo alle spalle. Io penso che Papa Francesco ritenga che con il cammino di collaborazione nel servizio avanzi la comprensione tra le diverse chiese. L’importante è non aver paura, perché come ha detto Francesco l’unico timore che i cristiani devono avere è il timore di Dio».
7 marzo 2016