Torre Pellice, 28 novembre 2017
Uno dei simboli più suggestivi dell’Avvento è la corona con quattro candele. Nelle usanze liturgiche della maggior parte delle chiese cristiane d’occidente ad ogni candela corrisponde una domenica. Così la prima candela – che quest’anno sarà accesa il 3 dicembre – segna anche l’inizio del nuovo anno liturgico. È una scansione del tempo diversa da quella delle nostre agende personali o professionali.
A guardarci intorno sembra che l’Avvento sia iniziato già negli ultimi giorni di ottobre. Un “avvento” dei grandi centri commerciali che spinge ad acquistare regali e a riempire, in anticipo, la dispensa, la cantina e il frigorifero. Così l’avvento commerciale diventa un tempo dell’attesa assai frenetica e perde la sua dimensione principale, quella dell’annuncio della salvezza. Il significato letterale dell’Avvento non è esattamente “attesa” bensì “venuta”. L’annuncio della salvezza che viene in mezzo a noi è dunque il suo filo conduttore.
Le letture bibliche e la liturgia cristiana in questi giorni annunciano la potenza luminosa del nostro Dio, l’alba nuova dell’umanità e la scomparsa di ogni forma di ingiustizia. Non si tratta di effimeri annunci pubblicitari o di antidepressivi a basso costo. Sono parole capaci di operare oggi un rinnovamento veramente profondo.
Molte chiese evangeliche, sorte nella seconda metà dell’Ottocento o nei primi del Novecento, rifiutano tuttavia la celebrazione sia dell’Avvento sia del Natale. La ragione sarebbe quella che Gesù non è nato il 25 dicembre e quindi tale data non è altro che la festa pagana del Sol Invictus. Che Gesù non sia nato il 25 dicembre è un’ipotesi storica abbastanza accreditata nel mondo accademico. Tuttavia la celebrazione della sua nascita quasi in coincidenza con il solstizio d’inverno è una scelta fortemente simbolica. Come la luce rinasce, inizialmente impercettibile ma già efficace, così l’incarnazione del Figlio di Dio inaugura la nuova era dell’umanità sin dalla sua manifestazione storica, vale a dire sin dalla sua nascita. Le prime notizie di feste cristiane per celebrare la nascita di Gesù risalgono infatti all’anno 200 circa. Ad esempio già nel 204 Ippolito di Roma, uno dei più autorevoli teologi della chiesa antica, propone il 25 dicembre come data per la celebrazione della nascita di Gesù.
La principale ragione di celebrare la nascita di Gesù e di farlo proprio in questo periodo è però di carattere biblico e teologico. Si tratta di affermare che nella persona del Figlio di Dio che Gesù incarna la natura umana e quella divina sono pienamente e perfettamente unite. È un antidoto a tutte le dottrine sbilanciate o sulla sua divinità (docetismo) o sulla sua umanità (adozionismo). I due racconti espliciti della nascita di Gesù (Matteo e Giovanni) somministrano molto efficacemente questo antidoto per creare uno stato di equilibrio dottrinale. Intorno al 25 dicembre, infatti, tutto sembra squilibrato sul versante delle tenebre. La luce di Natale invece traccia un percorso in cui le tenebre saranno inevitabilmente sconfitte (ma non del tutto eliminate).
In questa prospettiva il Natale potrebbe essere considerato una festa dell’equilibrio e dell’armonia. Nella nostra realtà , così segnata da squilibri di ogni genere, Colui che Amore si fa partecipe delle nostre ansie e delle nostre incertezze per trasformarle in una speranza incrollabile che rende stabile ogni cosa.