Il Sinodo approva il documento sul tema del diritto alla salute.
Allegato n. 4 (75/SI/2023)
PER UNA SALUTARE UGUAGLIANZA
Gesù di Nazareth guariva dalle malattie fisiche e dall’emarginazione religiosa e sociale che le accompagnava, intendendo la guarigione come affrancamento dalla miseria e dal peccato umano e come restituzione delle persone a delle relazioni umane buone e sostenibili. Egli interpretava la sua azione terapeutica come segno efficace dell’avvento del Regno di Dio. Così ha fatto e fa la sua chiesa. Gesù guariva altresì senza distinzioni di ceto sociale o di classe economica e, qualora si sia trovato imbrigliato nelle categorie restrittive e discriminanti del suo tempo, è riuscito a convertirsi e a convertire ai criteri dell’amore del prossimo. La fede legge ogni vittoria sulla malattia, ogni persona restituita alle relazioni e all’impegno in mezzo alle altre e agli altri, così come ogni cura e accompagnamento di quelle esistenze segnate dalla malattia, quale parabola in atto dell’amore di Dio in Cristo e della promessa della sua vittoria definitiva. Per tale ragione, l’impegno per una società aperta alla salute, nelle sue varie forme, è parte della responsabilità politica della comunità cristiana; se la salute, come recita la definizione dell’OMS, è “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità” (consultato il 01.08.23) appare chiaro quanto le diseguaglianze socio – economiche siano determinanti: non solo l’accesso alle cure, la gratuità degli interventi, ma anche l’alimentazione, lo stile di vita, la sicurezza sul lavoro, l’educazione, la salubrità dei luoghi di vita concorrano a determinare le condizioni di salute dei cittadini e delle cittadine; di fronte ad una società sempre più diseguale, e quindi iniqua, si rileva un abbassamento della copertura offerta dai servizi sanitari, in particolare per le persone socialmente ed economicamente più deboli; il Sinodo invita le chiese a sensibilizzare i propri membri sul significato morale e sulla priorità civile costituita dal sistema sanitario pubblico, come espressione di democrazia concreta nella vita del paese; a promuovere una cultura diffusa e accessibile della prevenzione rispetto a quella della riparazione; a contribuire ad un’equilibrata riflessione teologica, antropologica e sociologica che limiti l’idolatria della salute intesa come desiderio di prolungamento illimitato della vita, rifiuto dell’invecchiamento e repulsione per le diversità; e auspica che le autorità e gli organismi responsabili si facciano parte diligente per: un Servizio Sanitario Nazionale adeguatamente finanziato (è programmato un calo di valore in proporzione al PIL del 6,8% nel 2023, per scendere a 6,4% nel 2024 e 6,2% nel 2025/2026); un Servizio Sanitario Nazionale strutturato sui territori per l’assistenza primaria indispensabile non solo in situazioni ordinarie (vedi Covid-19); un nuovo equilibrio istituzionale fra Stato e Regioni che riduca, anziché aumentare, le differenze territoriali di accesso alle cure, mentre le ipotesi in discussione (autonomia differenziata) sembrano andare in direzione opposta; la ridefinizione del rapporto pubblico-privato salvaguardando la centralità della governance pubblica, con attenzione all’efficacia e all’efficienza e contenendo meccanismi che favoriscono speculazioni private; l’attenzione al contenimento degli sprechi: iperprescrizione di farmaci, ripetizione di accertamenti, appesantimenti burocratici e simili. La missione affidata da Gesù alle sue discepole e ai suoi discepoli, «li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire i malati» (Luca 9,2), si accompagna alla riflessione e all’azione in vista di una società meno malata. Anche in tal modo, la comunità cristiana racconta, mediante una parabola politica, il Regno di Dio.