Il Sinodo, di fronte alla tragedia dei Balcani che, per la vicinanza geografica e per il ruolo svolto dall’Italia, ci tocca da vicino e ci interpella personalmente, ma senza dimenticare le altre numerose tragedie che si svolgono in paesi da noi lontani (in Africa, in Asia, in America);
e ricordando che questo millennio e questo secolo sono stati segnati da indicibili sofferenze, crimini contro l’umanità e genocidi, ma anche da segni di speranza (fine dell’apartheid, abolizione della schiavitù – 23.8.1804);
- afferma che la guerra è guerra senza aggettivi, è il fallimento della politica e non il suo proseguimento, è il trionfo dell’odio e della morte e quindi negazione dell’Evangelo dell’amore e della vita, è “il salario del peccato” (Rom. 6,23);
- ricorda altresì, e con forza, che la pace è il dono di Dio, la parola nuova che risuona per noi nell’annuncio dei profeti e nell’evento del Cristo, “nostra pace” (Ef. 2,14), mediante il quale Dio ha riconciliato con sè tutte le cose (Col. 1,19).
La pace, dunque, non è il frutto delle nostre azioni, il coronamento dei nostri sforzi, ma il dono di Dio, il coronamento della sua opera creatrice. Egli, nella sua grazia, chiama le donne e gli uomini di ogni tempo, a entrare nel suo progetto di vita, affida alla sua chiesa “il ministero della riconciliazione” (2 Cor. 5,18) e proclama “beati coloro che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt. 5,9).In questo senso, paradossalmente, la pace non segue alla guerra, ma la precede; la riconciliazione non viene dopo il conflitto, ma lo precede.
Al posto delle parole conflitto e guerra, Dio ha scritto nella nostra storia le parole pace e riconciliazione, incarnandole nella vicenda di Gesù.
In obbedienza dunque alla parola di Dio e per esprimere la dignità nuova di figli e figlie, la chiesa di Gesù Cristo non può che adoperarsi per la pace.
Il Sinodo pertanto, richiamando le chiese valdesi e metodiste alla loro vocazione, le invita a diventare sempre più e meglio “scuole di pace”, nelle quali si impara a vivere l’Evangelo della riconciliazione, a muovere i primi passi nella via del perdono, a incontrare l’altro e l’altra nella dimensione dell’amore di Dio e a imparare soprattutto la pratica dell’amore nei confronti del nemico (Mt. 5,43);
- riafferma l’urgenza di costruire nel campo internazionale nuovi modi di governo dei conflitti che vadano oltre l’uso tradizionale della diplomazia ufficiale al cui fallimento segue come inevitabile il ricorso alle armi;
- riafferma altresì la necessità di promuovere una nuova legalità internazionale che sia garantita da una autorità connotata in modo nuovo, capace di intervenire come “magistrato” internazionale in forza di un ampio riconoscimento dal basso;
invita le chiese a sostenere i progetti di ricostruzione del tessuto sociale, morale e materiale delle popolazioni colpite dalla guerra, messi in atto dalla Federazione delle chiese evangeliche;invia alle chiese le riflessioni della Tavola valdese, contenute nel preambolo della Relazione al Sinodo 1999, pagg. 28-30, quali elementi utili per stimolare il loro impegno concreto.