Il Sinodo esprime inquietudine e angoscia per i crescenti conflitti armati e le violenze in varie aree del mondo, confessa la propria distanza dall’insegnamento evangelico “beati i costruttori di pace” (Matteo 5,9), a motivo dell’incostanza del proprio impegno a fare dell’Italia un Paese costruttore di pace, anziché esportatore di politiche e strumenti di guerra; dichiara la sua solidarietà alle comunità civili, etniche e religiose colpite, talvolta nel nome di un dio armato che incoraggia la violenza e lo spargimento del sangue dei suoi figli e delle sue figlie, esprime solidarietà alle minoranze religiose perseguitate; in particolare vive una comunione di preghiera con quelle cristiane che sono vittime di odio e intolleranza religiosa, chiede l’intervento della comunità internazionale a protezione delle vittime di persecuzione e violenze attraverso l’apertura di canali umanitari e l’adozione di ogni tipo di azione diplomatica; auspica che le Nazioni Unite adottino misure e strategie che fermino le stragi e proteggano i civili, e che consentano l’avvio di negoziati per il cessate il fuoco; rinnova il proprio impegno al confronto e al dialogo con uomini e donne delle varie comunità di fede perché la logica della convivenza pacifica e del dialogo prevalga su quella degli integralismi, dei settarismi e dell’intolleranza, tanto più quando giustificati nel nome di Dio; incoraggia le chiese a pregare, ad agire per la pace e a promuovere il rispetto dei diritti umani e il dialogo con gli uomini e le donne che intendono condividere la ferma condanna della violenza.