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di Letizia Tomassone

Un incontro che non è stato una celebrazione ma piuttosto l'occasione di rivedere la Concordia di Leuenberg a partire dalla prospettiva dell’Europa del Sud. L'incontro si è aperto con la prolusione del prof. André Birmelé che fin da quando era studente è stato presente agli incontri che hanno portato alla formulazione del testo della Concordia e poi a tutti quelli successivi della Comunione di chiese protestanti in Europa (CPCE). Si è trattato dunque di una testimonianza storica e al tempo stesso di un'analisi su alcuni nodi che sono ancora oggi problematici, come la decisione di lavorare senza un Sinodo ma piuttosto con dei comitati di esperti. La tesi proposta da Birmelé è che la CPCE esprime la chiesa “una”, che insieme si è una chiesa, parte della chiesa di Gesù Cristo, e non una sovrastruttura, bensì la chiesa cattolica, ovvero universale. Dopo la prolusione si è tenuto il culto, nel tempio protestante di Montpellier, presieduto dal pastore Gianni Genre che è l’attuale presidente della Comunione delle chiese protestanti dei paesi latini d’Europa (CEPPLE). La sua predicazione su Efesini 2 ha messo al centro la forza che viene da Dio e non da noi, e che permette alle chiese, pur nella fragilità e debolezza che le segna nell’Europa latina, di porre dei gesti di giustizia e di accoglienza.

La seconda giornata è stata aperta dall’analisi ecclesiologica della prof.ssa Elisabeth Parmentier, già presidente della CPCE. Guardando la costruzione sempre più post-confessionale delle chiese europee, Parmentier si è chiesta se la Concordia parli ancora al cuore dei e delle credenti oggi. Quel testo affronta infatti i nodi e i conflitti confessionali tra luterani e riformati; dichiara superate le condanne reciproche del XVI secolo; rimette al centro la fede in Gesù Cristo. Dunque è affermativa, cristologica e considera importante il lavoro sulla memoria storica. Questo in un tempo in cui invece la fede si fa fluida, aperta e vissuta nell’immediatezza dell’esperienza religiosa. Parmentier ha sostenuto la necessità del lavoro sulla storia, e del lavoro del dialogo, per far sì che l’altro non diventi lo straniero e il nemico in questa logica di guerra che ci preme addosso. La memoria delle riconciliazioni faticosamente guadagnate dalle chiese e le frontiere come luoghi complessi di senso, che possono offrire materiale per la costruzione dell’avvenire dell’Europa, sono stati due punti molto importanti della sua conferenza.

Ancora abbiamo avuto quattro interventi dei presidenti della CEPPLE che si sono succeduti negli anni. Il primo, il prof. Gérard Delteil, ha fatto partire la sua memoria dall’anno 1950, quando a Torre Pellice le chiese del Sud Europa si sono incontrate per la prima volta insieme, sostenute dal lavoro teologico suo e di Giovanni Miegge. La prof.ssa Anne-Laure Danet ci ha parlato del lavoro biblico comune e della rete catechetica, così come degli incontri delle donne e del lavoro fatto insieme su un documento di apertura delle chiese alle persone lgbtq e alle coppie dello stesso sesso. Il prof. Ermanno Genre e il pastore spagnolo Alfredo Abad hanno parlato dell’adesione della CEPPLE alla CPCE come una scelta teologica di lavorare alla risoluzione dei conflitti e al futuro dell’Europa.

La presenza di diverse studentesse dell’Istituto protestante di teologia di Montpellier ha portato il discorso su cosa significhino le memorie riconciliate in Europa per persone che provengono da altre chiese e altri continenti; e cosa significhi la latinità (noi diremmo la dimensione meridionale) del nostro essere protestanti in rapporto alle chiese sorte dall’immigrazione.

Si è parlato di come tutte le nostre chiese protestanti stiano cercando vie di riconoscimento di nuovi ministeri, e di come questo possa cambiare l’assetto stesso delle chiese. Si è parlato di diaconia, di “Essere chiesa insieme” e della guerra, che ci spinge verso la logica del nemico. Proprio quella logica che la tessitura della Concordia voleva superare.