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di Paola Schellenbaum

La consultazione internazionale sul futuro dell’Ucraina (Budapest, 14-15 luglio) ha riunito partner fidati, che hanno offerto un importante sostegno finanziario e spirituale al popolo e alle chiese ucraine durante la guerra, per condividere le loro preoccupazioni per l'Ucraina di fronte alla violenta aggressione messa in atto dalla Federazione Russa. Oltre a condannare la violenza, - si legge nel comunicato stampa conclusivo - la consultazione ha agito come un forum unico nel suo genere.

Nella serata di apertura, il vescovo Zoltan Balog, presidente del Sinodo della Chiesa riformata in Ungheria e il vescovo Sandor Zan Fabian della Chiesa riformata in Transcarpazia (Ucraina), hanno offerto le loro considerazioni sulla solidarietà cristiana in tempo di guerra, cui è seguito un intervento sull’importanza della risposta internazionale a cura del pastore Martin Dutzmann, presidente del Gustav-Adolf-Werk. Una preghiera con i circa quaranta partecipanti internazionali ha avuto luogo nella cappella da poco restaurata, dopo un incendio, che alcuni anni fa aveva danneggiato la Raday House, sede della conferenza.

Il giorno successivo, nell’introduzione “Helping the Helpers” sono stati presentati gli sforzi ecumenici in corso in tutta Europa verso una pace e una riconciliazione giuste. Il primo panel “Pathways to Peace” si è soffermato sulle buone pratiche, sui principi e sui dilemmi che attraversano le chiese in Europa mentre il secondo panel, che includeva voci dal Medio Oriente e dalla Corea del Sud, ha sottolineato come una visione cristiana per una pace giusta dovrebbe guidarci anche durante la guerra e la crisi. I relatori dal Medio Oriente hanno ricordato che il cammino verso la riconciliazione esige il rispetto della dignità di tutti gli esseri umani. Nel terzo panel, si è discusso degli ostacoli al dialogo e degli sforzi verso la costruzione della pace giusta nel contesto ucraino. Il dibattito ha evidenziato l’importanza della solidarietà cristiana e dell’ascolto verso le esperienze e le aspettative della popolazione ucraina, incluse le minoranze, in quanto la riconciliazione non può essere imposta dall’esterno.

“Siamo chiese che danno valore alla vita di ognuno e ciascuna, dai neonati fino alle persone anziane, ovunque esse siano”, ha sottolineato la pastora Najla Kassab, presidente della Comunione mondiale di chiese riformate (WCRC), nel gruppo di discussione sulla resilienza sociale, individuale e collettiva, nelle aree di guerra e nelle zone di post-conflitto, moderato da chi scrive. I lavori di gruppo, che hanno permesso un ascolto attento di ogni partecipante alla conferenza internazionale, hanno inoltre consentito di riaffermare il modo in cui i principi cristiani formano modelli di pace, giustizia e riconciliazione in contesti dilaniati dalla guerra e molto ci si è confrontati sul modo in cui tali principi possono essere comunicati, condivisi e resi noti alle popolazioni. Inoltre, è emerso che le chiese protestanti sono comunità di fede in cui è possibile imparare (learning communities) a essere costruttori di pace. L’attitudine di apertura verso il futuro serve a nutrire la speranza contro speranza ma anche a riflettere sulle tensioni e sulle divisioni, trasformandole in occasioni di apprendimento, per elaborare qualcosa di più grande, cioè la capacità di resilienza e di sviluppo in seguito ad avversità. Il percorso verso la riconciliazione non è immediato e riguarda un cammino che va dalla polarizzazione alla complessità, dalla complessità confusiva alla complessità che discerne, in modo da attivare le risorse residue e il mutuo sostegno verso la pace e la riconciliazione, uscendo dal ciclo della violenza e costruendo ponti nella concretezza delle vite quotidiane, a tutti i livelli delle comunità.

L’invito della conferenza internazionale è di testimoniare pubblicamente la forza della preghiera e tale invito potrà essere raccolto anche dal Sinodo valdese che si aprirà a Torre Pellice a fine agosto.

La testimonianza dell’Evangelo in risposta alla guerra ci rende tutti e tutte consapevoli dell’impegno che ci attende per contrastare la guerra e portare aiuti umanitari, non solo in Ucraina dove i bisogni della popolazione sono immensi, con un numero elevato di rifugiati e di sfollati interni. La speranza è che si possa presto iniziare a pensare alla ricostruzione e al futuro dell’Ucraina in Europa.