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Si è aperta la 16^ Assemblea Generale della Conferenza delle chiese europee (Kek). Con il titolo “Con la benedizione di Dio – plasmare il futuro”, si svolge dal 14 al 20 giugno 2023 a Tallinn, in Estonia. Sono cinque i delegati dall’Italia: il pastore Peter Ciaccio, per le chiese metodiste; la pastora Letizia Tomassone, delegata della chiesa valdese; il pastore Simone De Giuseppe per l’Unione delle chiese evangeliche battiste in Italia (Ucebi); la pastora Kirsten Thiele, in rappresentanza della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi). Questi i delegati con voce deliberativa. Con voce consultiva, infine, delegata della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Irene Grassi. Abbiamo chiesto a Peter Ciaccio di anticiparci qualche dettaglio su questo importante appuntamento internazionale.

– Quale ruolo avranno i delegati italiani alla 16^ Assemblea della Kek?

«I delegati, oltre ad avere voce deliberativa o consultiva, ricoprono anche alcuni ruoli all’interno dell’Assemblea. Ad esempio, Irene Grassi è una delle persone incaricate dell’animazione liturgica musicale. Letizia Tomassone farà parte di un comitato che aiuterà l’Assemblea a stilare un documento finale sulle decisioni prese. Da parte mia, sono stato membro del Comitato di pianificazione e in questi ultimi anni ho lavorato insieme ad altri per definire come questa Assemblea si sarebbe svolta, in particolare dal punto di vista logistico».

– Come si sta trasformando la Kek?

«Rispetto all’Assemblea precedente (Novi Sad, Serbia – 2018) ci sono stati due eventi determinanti per la vita delle chiese in Europa e non solo. Il primo è il lungo periodo di pandemia, caratterizzato dalle restrizioni e dal fatto che molte chiese non hanno potuto riunirsi o si sono riunite soprattutto in via telematica. E poi, ovviamente, c’è il tema della guerra che da più di un anno – almeno per quanto riguarda questa seconda fase della invasione russa dell’Ucraina – sta imperversando a pochi chilometri da qui. Quando è stato deliberato di tenere l’Assemblea a Tallinn non era ancora iniziata questa fase, dunque, non c’era l’idea di andare lì per qualche motivo legato al conflitto tra Russia e Ucraina. Nel momento in cui la guerra è scoppiata è sembrato corretto mantenere questa decisione, sperando di poter portare lì vicino un messaggio di pace e di giustizia».

– Il ritorno in presenza è un momento significativo per le chiese. Cosa ne pensa?

«È difficile immaginare come avrebbero potuto andare avanti le chiese nel periodo pandemico, senza l’utilizzo delle tecnologie di comunicazione. Tuttavia, è importante tornare in presenza. Sia perché la chiesa vera si fa in presenza, incontrandosi, muovendosi, uscendo dai propri luoghi sicuri, andando in un luogo comune per lodare il Signore. Sia perché, forse, queste grandi possibilità della tecnologia hanno fatto moltiplicare gli eventi e le riunioni, dando alla fine meno importanza a ciascuna riunione. O rendendo difficile evidenziare quali fossero le riunioni più importanti. Sicuramente gli incontri a livello europeo sono stati tra quelli che hanno pagato di più il prezzo della pandemia. Il senso di organizzazioni quali la Conferenza delle chiese europee è proprio quello di creare delle situazioni di incontro, di condivisione. E questi incontri di condivisione si fanno appunto in presenza; comprendono momenti culturali, i momenti del pasto, i momenti liturgici che possono essere fatti solamente in presenza. Ed è proprio nell’incontro tra le persone di diversa cultura, di diversa provenienza, di diversa confessione che si fa l’ecumenismo. Al di là della discussione e del dibattito che può esserci sulle differenze teologiche ed ecclesiologiche».

– Quali sono i temi portanti di questa Assemblea?

«Sono due i temi fondamentali di questa Assemblea. Il primo è capire che cos’è la Kek, che cosa è diventata. Infatti, dal 2013 in poi, è stato messo in atto un lungo processo di ristrutturazione che ha cambiato radicalmente il volto della Conferenza delle chiese europee. Dallo spostamento della sede da Ginevra a Bruxelles, all’eliminazione della Commissione chiese e società. Passando per la trasformazione dei gruppi di lavoro in reti. Non è ben chiaro, ancora, se non sulla carta, che cos’è la Kek. Bisognerà vedere come la nuova Conferenza prenderà forma in concreto. Questo sembra un tema interno, un tema di poco interesse, però è molto importante per capire come portare avanti il secondo tema, ovvero il tema della pace e della riconciliazione in Europa. Pace e riconciliazione sono al cuore della missione della Kek sin dalla sua fondazione. La Conferenza delle chiese europee nasce infatti alla fine degli anni ‘50 come tentativo di portare più vicini i cristiani dell’est e i cristiani dell’ovest, con al centro la cortina di ferro, il muro di Berlino. Fu storica una delle prime conferenze che si tenne su una nave in acque internazionali nel Baltico, proprio per permettere la partecipazione dei cristiani che vivevano da una parte o dall’altra della cortina di ferro. In questa fase storica – in cui sembra riproporsi, in chiave chiaramente molto diversa e non analoga, una divisione tra est e ovest – è importante capire che cosa possa fare la Kek per portare questo Continente a parlarsi. A vivere un presente e un futuro riconciliati nel segno della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato. Bisogna capire come la Kek riuscirà, nella sua nuova formula e nella sua ristrutturazione, ad essere efficace come è stata in effetti nella storia, negli anni ’50 e ’60, fino alle grandi Assemblee ecumeniche dell’89 a Basilea e del ‘97 a Graz».

Articolo tratto da nev.it