«… Ecco, io faccio nuove tutte le cose. (…) E’ compiuto. Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine. A chi ha sete, io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita. Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò dio ed egli mi sarà figlio»
Queste parole stanno fra la visione di “un nuovo cielo e una nuova terra”, destinati a sostituire quelli contemporanei, e quella della nuova Gerusalemme, l’abitazione destinata all’umanità futura. Dio ha il potere di fare “ogni cosa nuova”: Dio rinnova la nostra esistenza; le nostre relazioni; apre nuovi confini, predispone il superamento dei nostri limiti; ci aiuta a risollevarci dalle nostre cadute; guarisce le nostre ferite; ci richiama alla vita ogni volta, che ci neghiamo al futuro che sta in nostra attesa. E questo, non alla fine di chissà quali tempi, ma già da ora e da dove stiamo vivendo oggi.
Dio ci ricorda la sua fedeltà alla nostra persona (alfa e omega; principio e fine): la sua presenza non viene mai meno, ci accompagna dalla nascita alla morte, anzi, va oltre il limite biologico della nostra esistenza, perché la risurrezione, che ci è promessa e garantita nel Cristo, è il nuovo indirizzato che ci è donato, l’eredità di cui Dio si fa garante. In questo testo vi è l’espressione “è compiuto”, proprio quella di Gesù sulla croce, ma, a noi, assetati di vita come lui, non viene offerto dell’aceto, ma dell’acqua vivificante: la nostra speranza di vita non viene derisa, ma pienamente realizzata.
Questo testo accompagna la fine dell’anno liturgico cristiano, ora verrà il tempo dell’Avvento, tutto ricomincia, la comunità si predispone ad accogliere l’incarnazione di Dio in Gesù, ma, tutto può ricominciare, perché tutto è già compreso nella “nuova creazione”.