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di Giovanni Anziani

«L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. ... Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: “Mosè! Mosè!” Ed egli rispose: “ Eccomi ”. ... “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe ... Or dunque va'; io ti mando dal faraone perché tu faccia uscire dall’Egitto il mio popolo, i figli d'Israele””».

Chi fu Mosè? È un po’ difficile ricostruire la sua biografia, ma leggendo i racconti della Bibbia il fatto determinante la sua vita fu certamente l’incontro con Dio, nel deserto.
Siamo in Egitto ai tempi dei faraoni e il nostro personaggio è fuggiasco nel paese di Madian a causa della collera del Faraone. Qui Mosè vive come allevatore di pecore e capre, ma un giorno, sopra un monte, scopre un arbusto tutto in fiamme che non si consumava e ode una voce che lo chiama. Dio si presenta a Mosè come il Signore dei suoi padri: di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Poi lo incarica di ritornare in Egitto per liberare il suo popolo dalla schiavitù.

Mosè è impaurito e titubante di fronte a questa visione e a questo incarico, ma Dio lo incoraggia ed egli ritorna in Egitto. Qui lo vediamo affrontare il Faraone e lottare per la libertà del suo popolo imponendosi non con proprie forze, ma con la forza di Dio stesso. La Bibbia ci racconta che solo dopo la decima sciagura con la quale Dio colpisce l’Egitto, il Faraone consente al popolo d’Israele di lasciare il paese. Questo evento è segnato da una cerimonia religiosa e famigliare che prende il nome di “pèsach”, pasqua, cioè il passaggio dell’angelo della morte, mentre gli ebrei sono salvi perché la porta delle loro case è segnata dal sangue di un agnello.

Mosè, liberato il popolo, lo conduce verso la terra dei padri, la “terra promessa”, con un viaggio che è contrassegnato dalla benedizione di Dio (dona cibo e acqua ai pellegrini) e dalla ribellione del popolo. Ma un fatto è determinante in questo viaggio: sul monte Sinai Mosè riceve da Dio la “Toràh”, parola ebraica che a volte traduciamo con “legge”, ma forse è meglio dire “insegnamento, guida”, una guida per imparare a vivere nella libertà dopo la schiavitù d’Egitto.

Per la nostra vita di cristiani di oggi, il nostro personaggio ci ricorda una cosa essenziale: la obbedienza alla volontà di Dio, avendo fede nelle promesse del Signore anche quando gli eventi umani sembrano vanificare tali promesse.

Egli deve combattere costantemente contro il popolo il quale, nel viaggio nel deserto, continua ad avere lo sguardo rivolto sempre verso l’Egitto ove, come è scritto: ...sedevamo intorno a pentole piene di carne e mangiavamo pane a sazietà ... (Esodo 16,3). Ma nel deserto si soffre la fame! La sua lotta è quella di ogni credente che riconosce come la propria vita dipende solo dai doni di Dio e non dalla capacità della propria forza umana. Solo nell’amore di Dio noi troviamo speranza per il nostro futuro.