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di Ruggero Marchetti

«Ora imparate dal fico questa similitudine: quando i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte ... È come un uomo che si è messo in viaggio, dopo aver lasciato la sua casa, dandone la responsabilità ai suoi servi, a ciascuno il proprio compito, e comandando al portinaio di vegliare. Vegliate dunque perché non sapete quando viene il padrone di casa ... perché, venendo all'improvviso, non vi trovi addormentati»

“Dal fico imparate la similitudine”. Nella Bibbia può capitare che un fico insegni. Ma cosa mai ci può insegnare un fico?
A differenza degli altri alberi della Palestina, esso perde le foglie nel periodo invernale, e per questo la sua trasformazione in primavera è particolarmente spettacolare ed è un segno dell'arrivo del tempo del raccolto: “Quando il suo ramo si fa gonfio di umori e mette le foglie, voi capite che l'estate è vicina”... “Imparare dal fico” allora, vuol dire saper fare come lui: essere per gli altri una promessa di frutti abbondanti e gustosi. Gesù insomma ci chiede che ci facciamo per gli altri la promessa che egli verrà e che la sua venuta non sarà “morte e distruzione”, ma lo splendore dell'estate: sole, caldo, profumi, luce, frutti, in un'abbondanza vertiginosa. Sì: la venuta di Gesù al compiersi dei tempi non è una minaccia (e come potrebbe esserlo?), ma il compimento delle promesse di Dio!

In questa prospettiva luminosa va letta anche la parabola del padrone parte per un lungo viaggio e affida la sua casa ai propri servi. A ciascuno il suo incarico: ognuno in quella casa riceve il proprio compito, ognuno ha il suo lavoro che gli occupa il suo tempo. Ma c'è ancora di più: ognuno riceve la sua “responsabilità”. Il padrone cioè ha fiducia nei suoi servi e dà a ciascuno di scegliere lui stesso il modo che gli sembra il migliore per assolvere al suo compito.

Insomma, ognuno qui riceve il suo “presente” da vivere: il tempo per agire responsabilmente in maniera libera ma anche responsabile, perché un giorno il padrone tornerà e vorrà vedere quello che abbiamo fatto, e come l'abbiamo fatto.

C'è qui come una dialettica fra il nostro tempo e il tempo del Signore: il nostro tempo è il presente, il suo è l'avvenire. Ma da quell'avvenire che è il suo tempo il Signore dà luce al nostro tempo. Il presente che ci viene donato  dobbiamo organizzarlo e viverlo in funzione del futuro di Dio. È l'opposto di come oggi viviamo il rapporto fra un presente che sentiamo sfuggirci fra le dita e un futuro che ci colma di paure.

Dovremmo, almeno noi cristiani, ricordarci che noi abbiamo un futuro che non è uno spauracchio ma una luce, perché il nostro futuro sarà Gesù che viene coi colori dell'estate, e che questo futuro già dà senso al nostro presente, gli dà scopo e contenuto.