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di Gregorio Plescan

"Un grande segno apparve nel cielo: una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. La sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra"


Nell’antichità i colori non erano facili da produrre, e saperli gestire al meglio rappresentava una forza economica. Che differenza c’è tra il rosso e un altro colore? L’Apocalisse lo spiega: i primi Cristiani vivevano in una condizione difficile, ma la visione del futuro è positiva: Dio non abbandona i suoi nel dolore: “apocalisse” significa appunto rivelazione. L’Apocalisse usa un codice: la salvezza è giunta dal cielo, nessun essere umano la può realizzare e si rivela nella concretezza della storia. Ma la salvezza non porta gioia a tutti: alcuni cercano di opporsi a Dio con violenza. Però la persecuzione dal potere non prevarrà, anzi, è già stata arginata, verranno sconfitti. Il potere contro cui lottano è raffigurato dal drago. Ha un’enorme energia, è altamente distruttivo ed è rosso. Il rosso era il colore del potere, e qualsiasi potere può diventare persecutorio. Non perché i Cristiani compiano riti strani o per l’ottusità dei singoli, ma per il fatto che i Cristiani sono capaci di svelare il suo lato inumano e denunciare i meccanismi diabolici che lo muovono. L’Apocalisse ricorda che ogni tentativo di raggiungere il potere terreno mette in evidenza i nostri problemi, anche quando con la presunzione crediamo di saper come migliorare in modo definitivo il mondo. L’Apocalisse riconosce la nostra fragilità, ma essa è già stata arginata dall’azione di Dio: l’ultima parola sulla storia è la sua, e non sarà parola di dolore, ma di salvezza.