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di Francesco Marfé

"Benedetto sia Dio, che non ha respinto la mia preghiera e non mi ha negato la sua grazia"


Commentando questo testo Agostino scrive: “Se non si allontana da te la preghiera, sta sicuro, non si allontanerà da te la sua grazia”, come a voler sottolineare l’importanza della preghiera.

Il versetto che stiamo considerando è il finale di questo salmo il quale sembra essere composto da due parti distinte; la prima è un inno di lode, la seconda un rendimento di grazie legato al fatto che Dio ha ascoltato, che è stato attento alla voce della preghiera.

La cosa che più colpisce di questo versetto è proprio la contiguità tra preghiera e grazia, come se l’una fosse l’eco dell’altra.

Dio si identifica come colui che non nega la sua grazia, ed essa si sperimenta in modo speciale quando scopriamo che Egli non respinge la nostra preghiera.

Naturalmente potremmo chiederci perché è così importante pregare per esperire la grazia di Dio.

Dio non conosce forse in anticipo le nostre difficoltà, i nostri bisogni? Qual è la necessità di fargli delle richieste? Dio è forse un narcisista? Se non si sente adorato non è disposto a corrispondere alle nostre richieste?

La risposta, in realtà, è piuttosto semplice, si evince proprio dalle parole del salmista e dai sentimenti che da esse traspaiono: la preghiera è un mezzo privilegiato per sviluppare il nostro rapporto con Dio, è lo spazio dove impariamo a riconoscerci come suoi figli e figlie ed è un'attività vitale!

Certo, Dio conosce già i nostri bisogni, ma non è possibile un vero rapporto se non c’è dialogo. La preghiera è lo spazio di questo dialogo e quando riconosciamo che le nostre preghiere hanno ottenuto una risposta, anche se si trattasse di una risposta negativa (poiché anche i "no" di Dio sono "no" di grazia), allora l’effetto è che la nostra fede in Dio ne esce rafforzata e questo è il dono più grande della sua grazia.