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di Francesco Marfé

«Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco, ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano»


Ascoltano la sua voce, Egli le riconosce ed esse lo seguono.

Queste sono le tre caratteristiche dei discepoli di Gesù, caratteristiche che egli enuncia dopo aver presentato se stesso attraverso la metafora del buon pastore.

Una scelta singolare, in effetti. Quella del pastore, infatti, non è certo un'immagine particolarmente affascinante.

Perché Gesù la usa? Quale caratterista di questo antico mestiere lo spinge a sceglierla per descriversi?

La caratteristica del buon pastore è quella di rischiare per le pecore, di esporre la propria vita per difenderle quando sono minacciate da qualsiasi pericolo.

Il buon pastore, poi, conosce le sue pecore. Le riconosce dalle loro debolezze, prende atto della loro condizione, si preoccupa per loro e quindi si occupa di loro; pensa costantemente a loro mostrando per esse un riguardo pieno d’amore.

E così fa Gesù.

Egli è il buon pastore che si prende cura del suo gregge, conosce coloro che gli appartengono, le chiama per nome, li conforta, le protegge, li guida e dà loro la vita eterna.

Tutto questo vuole e può fare Gesù per noi.

Che cosa possiamo fare per essere così curati da Gesù?

Ascoltare la sua voce! Non c’è altro modo. Ascoltare la Parola che il Signore ci rivolge è l’unico modo per conoscerlo personalmente ed essere così da Lui riconosciuti.

Gesù è la notizia che trasforma completamente la vita di chi l’accoglie, perché la vita eterna non è solo qualcosa che riguarda un futuro lontano, piuttosto si verifica già qui ed ora quando nella sua Parola incontri Gesù, il buon pastore, e nessuno potrà mai strapparti via dalla sua mano.