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di Ulrike Jourdan

«Il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti»

Servire ed essere servito – diciamo che non ci lamentiamo se qualcuno ci serve. Anzi, in questo periodo di stanchezza, verso la fine (speriamo) della pandemia, c’è gran voglia di farsi coccolare, forse in una spa o dal parrucchiere o semplicemente in un ristorante dove ti viene servita la cena senza dover prima faticare ai fornelli. 

Gesù invece ha scelto la strada opposta. Quando lui e il suo gruppo di discepoli si sono maggiormente sotto pressione, addirittura posti sotto accusa, lui ha scelto di servire con determinazione ancora maggiore. Lui ha preso in mano il catino e l’asciugatoio per lavare i piedi dei suoi amici. Lui ha offerto a loro il pane e il vino. Lui ha dato la sua vita come prezzo di riscatto per molti. Lui ha deciso di pagare il conto per tutti i nostri peccati. Lui ha compreso la necessità di fare tabula rasa, per darci la possibilità di un vero nuovo inizio. 

Però, Gesù non ci ha resi liberi perché ci mettessimo comodi, per continuare a farci servire, anzi. È cosa buona apprezzare la bontà di Dio, Gesù però si augura anche che a nostra volta prendiamo l’asciugatoio in mano per lavare i piedi laceri a quanti ne hanno bisogno. Vorrebbe che anche noi condividessimo il pane e il vino con le persone che hanno fame, affamati per carenza di cibo e affamati per carenza di relazioni. Vorrebbe che anche noi ci impegnassimo per la liberazione degli esseri umani. E anche se oggi si potrebbe pensare che non esista più la schiavitù, sono ancora tante le persone schiavizzate dai sistemi economici e politici e sociali che hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro e li accompagni verso la libertà.