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di Emanuele Fiume

«Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale»

I vostri corpi presentati in sacrificio vivente. Così l’apostolo Paolo definisce il culto “logico”, il greco dice letteralmente “adorazione logica”, cioè il culto secondo il logos, secondo la parola. Il Signore Gesù Cristo ha dato la sua vita alla morte per salvarci e noi, che appartenevamo alla morte, ora apparteniamo alla vita di Cristo. Per Cristo, essere “sacrificio” ha significato morire per noi; per noi, essere “sacrificio” significa vivere in lui. Lui è morto per obbedire al Padre, noi viviamo per obbedire al Padre. Lui è la vittima, l’unica vittima del sacrificio; noi siamo rinati e resi nuovi nel suo sacrificio.

Questo sacrificio è il nostro culto della parola, della parola del Vangelo. Offriamo la nostra vita a Dio, per il suo onore. Cristo è morto per noi, noi viviamo in lui. Questo è il sacrificio. Il Signore Gesù Cristo ci fa vivere in lui davanti a Dio, non conformi al mondo, ma trasformati in un rinnovamento.

La Riforma calvinista ha riconosciuto la Scrittura quale principio regolatore del culto. Cioè, Cristo con la sua parola e con i suoi doni è il soggetto del culto riformato. Noi non “facciamo” il culto. Noi siamo uniti a Cristo, nella sua morte e nella sua nuova vita, abbiamo parte al culto di Cristo. Che prega per i suoi discepoli e per noi dicendo: “Per loro io santifico me stesso, affinché anche essi siano santificati nella verità” (Giovanni 17,19).
Il culto cristiano non è una questione di lingua, di cultura, di tradizione, di identità, di dimostrazione di cristianità, di autopresentazione della chiesa. Il culto è il modo in cui Cristo stesso ci invita e ci insegna a vivere con lui nella sua comunione con il Padre. Noi gli offriamo la nostra vita e condividiamo i suoi doni cercando la conoscenza della verità, la misura di noi stessi che riconosca lo spazio a Dio e al prossimo, e la possibilità di vivere liberi in una sperimentata speranza di appartenere a Cristo e di avere parte al suo regno in cielo.