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di Giuseppe Ficara

«Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra».

In questo brano, il disperdersi ha il significato di spargersi sulla terra, così come aveva voluto il Signore quando aveva detto «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra...» (Genesi 1,28). Al contrario, accade che un gruppo di persone decide di stanziarsi, di formarsi una identità simboleggiata da una torre molto alta. Essi temono la dispersione e si adoperano per scongiurarla, vogliono porre termine al loro errare. Ma Dio li disperde per realizzare il suo progetto di “riempire la terra”. Dio provoca quello “spargersi delle nazioni” che benedice e approva.

Lo “spargersi” non è, dunque, un castigo rivolto a chi tenta di scalare il cielo con un titanico assalto alla divinità. La torre da innalzare fino al cielo è il desiderio di espandersi verso qualcosa di improprio, è una spinta verso il vuoto, piuttosto che verso la terra abitata, una spinta verso il cielo deserto, piuttosto che verso il mondo popolato da persone. Questo accade in chi ha paura e si spinge verso una chiusura che comunica sicurezza contro ogni minaccia. Il sospetto sull’altro essere umano predomina sull’accoglienza, sul confronto e sul dialogo. L’altro diventa nemico, minaccia.

Ma Dio pone fine a questa chiusura perché ha voluto che l’essere umano fosse fratello e sorella con l’altro l’essere umano; Dio crea la fraternità e la condivisione, ogni tentativo di isolamento e di chiusura è una minaccia alla fraternità e alla solidarietà. Per questo Dio confonde le lingue, inventa la diversità, permette la dispersione e le migrazioni dei popoli.