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di Mauro Pons

«...mentre (le cinque vergini, sprovvedute dell’olio per le loro lampade,) andavano a comprarlo, arrivò lo sposo; e (le altre cinque spose,) che erano pronte, entrarono con lui nella sala delle nozze, e l’uscio fu chiuso. Più tardi vennero anche le altre vergini, dicendo: “Signore, Signore, aprici!”. Ma egli, rispondendo, disse: “Io vi dico in verità: “Non vi conosco”. Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora»

Questa parabola di Matteo, che indica una similitudine tra il “regno dei cieli” e la festa nuziale, a cui dieci vergini sono invitate a partecipare, porta la nostra attenzione su due termini: “sapere” (nel senso di conoscere) e “vegliare”.

Oggi, possiamo affermare di sapere, perché abbiamo la possibilità di accedere a molte informazioni, relative alla storia, alla scienza, agli avvenimenti contemporanei, alla letteratura, all’arte, allo sport e così via. Non solo, ma lo studio, la formazione personale, il flusso continuo di notizie, provenienti da numerosi canali d’informazione, ci permettono di orientarci e muoverci nella nostra realtà quotidiana con sicurezza.
Ma, tutto questo sapere è vera conoscenza? Un atteggiamento prudente è quello di chi afferma di non sapere, perché, per quanto sapere possiamo aver accumulato nel tempo che abbiamo vissuto, scopriamo in continuazione che c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, c’è sempre la necessità di approfondire quello che già abbiamo conosciuto. Così è anche per la fede in Dio: una volta ricevuta, essa non rimane in noi come un bene inalterabile ed eterno. La fede in Dio richiede un costante esercizio di riflessione, di studio della Sua Parola, accompagnati dalla preghiera e dalla vita comunitaria.

Vegliare significa proprio mantenere viva la propria attenzione su ciò che è essenziale e fondamentale per la vita, per la sua apertura a un futuro pieno di speranza, di possibilità, di occasioni nuove, di cambiamenti, di pienezza.