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di Nicola Tedoldi

«Barabba era stato messo in prigione a motivo di una sommossa avvenuta in città e di un omicidio»

Ecco il carcere nel suo essere “strumento della giustizia umana”. Luca, nel raccontare che Gesù è messo “in competizione” con un altro carcerato per poter ricevere la grazia dal governatore romano della Giudea, come era tradizione in occasione della Pasqua ebraica, ci descrive l’antagonista Barabba esclusivamente sulla base del motivo per cui era stato messo in prigione.

Barabba è prigioniero per aver partecipato, e forse organizzato, una sommossa a Gerusalemme e per omicidio. In questa descrizione Luca, secondo la logica umana, non solo ritiene per così dire giusto il fatto che Barabba sia stato imprigionato, ma in qualche modo sostiene che mettere un tale criminale in competizione con l’innocente Gesù era semplice follia. Barabba in fondo si è meritato il carcere e questo è ciò che il carcere rappresenta secondo il pensiero umano: la giusta pena per chi sbaglia, secondo il concetto antico della giustizia retributiva.

Certo il carcere è sempre stato visto come un intervento di emergenza, l’immediato rimedio per arginare la violenza e per fermare i violenti, dove con violenza intendiamo ogni azione che provoca un danno ad altri esseri umani. Insomma chi è in carcere in qualche modo se lo è meritato. “Ben gli sta! Giustizia è fatta”, sono ancora frasi che comunemente sentiamo dire. Ogni carcerato è lì, come Barabba, “a motivo” di qualcosa di violento che ha commesso e di cui la società civile, rappresentata dall’autorità, si deve occupare.

Ma se tutto finisce qui, il carcere, da emergenza, diventa come scrive Baumann una sorta di discarica sociale, un inferno di dimenticati, come dico io, o come ha intitolato un suo libro Jens Soering «an expensive way of making bad people worse» [ndr: un modo costoso per peggiorare le persone cattive ]. Giacomo nella sua lettera dice che «l'ira dell'uomo non promuove la giustizia di Dio» (Giacomo 1:20). Siamo chiamati quindi a guardare alla giustizia di Dio e a vedere il carcere come azione riparativa. In fondo deve essere ben chiaro a tutti che se Caino è in carcere, quelli che sono fuori non sono tutti Abele.