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di Paolo Ribet

«Il Signore disse ad Abramo ...»

Il libro della Genesi è il libro della creazione – o, possiamo dire, delle creazioni, in quanto la Parola di Dio interviene più volte per raddrizzare una creazione che non vuole sottostare alla volontà del suo creatore. «Nel principio era la Parola – dice Giovanni – Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei» (Giovanni 1,1-2). Dio parla e rimette in moto una storia quando appare bloccata. 

Così è per la vicenda di Abramo, una vicenda che parte da lontano. Possiamo dire che inizia dall’episodio della Torre di Babele (Genesi 11). A Babele le genti vengono disperse, in Abramo vengono raccolte - almeno in prospettiva. L’ingresso in scena del protagonista viene preparato fornendo la sua genealogia. Ma quando si arriva a lui, ci viene detto che: «Sarai, sua moglie, era sterile» (11,30). Questa informazione è la chiave per capire il senso paradossale della vocazione. La discendenza di Sem sembra incagliarsi nella sterilità. 

Sterilità: è questo l’esito della storia umana che sperimentiamo ancora oggi. È un’efficace metafora della totale assenza di speranza: non c’è più alcun futuro in vista. Ma è in questo contesto di sterilità, di assenza di speranza che irrompe la parola di Dio. Dio non dipende dalle possibilità umane. Lo vediamo diverse volte nel racconto biblico: era sterile Rebecca, lo era Anna e lo era anche Elisabetta, la madre di Giovanni – ma la Parola ha vinto.

Oggi è la prima domenica di Avvento: inizia per noi un viaggio che ci deve portare lungo tutto un anno a conoscere e seguire la via di Gesù. Un viaggio che parte dalla sterilità umana e approda alla promessa di vita.