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di Giuseppe Platone

«In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà. I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse» (Giovanni 13,21-22).

La drammatica affermazione di Gesù, come sappiamo, risuona nel corso dell’ultima cena a Gerusalemme. La questione del tradimento rimbalza anche negli altri tre evangeli. Prima di quella fatidica sera, gli accenni al tradimento non mancarono nel corso dell’avventura. La parola del salmista prefigura il triste evento: «...l’amico con il quale vivevo in pace, in cui avevo fiducia, e che mangiava il mio pane, si è schierato contro di me» (Salmo 41,9). Giovanni, introducendo la lapidaria affermazione, annota come Gesù fosse, prima di pronunziarla, «turbato nello spirito». L’emozione di Gesù rinvia a quella che provò di fronte alla morte di Lazzaro.

In effetti il vero dramma è la morte, la resa dei conti incombe. Il tesoriere del gruppo, quello che teneva i cordoni della borsa , uno in cui si poteva avere la massima fiducia, tradisce. Letteralmente consegna Gesù ai suoi nemici mortali. Eppure Gesù non farà nulla per bloccare il tradimento. Giuda scivolerà nella notte che sopraggiunge, lasciando il gruppo dei discepoli nello sconcerto.

Mi ha sempre colpito la capacità di Leonardo da Vinci di illustrare il Cenacolo, con il suo affresco realizzato nel chiostro dei domenicani alla Chiesa di Santa Maria delle grazie a Milano (1494-98c.). Leonardo sosteneva che la pittura «deve dimostrare quello che la figura ha nell’animo». Leonardo illustra l’attimo di profondo sconcerto dei discepoli. Giuda non è, come in altre raffigurazioni, di fronte a Gesù, solo. È ritratto accanto e in mezzo agli altri discepoli. Solo invece è Gesù. La cui affermazione cade come un sasso nello stagno, provocando un’onda di sorpresa e sdegno, visibile sul volto dei discepoli. Il dipinto era destinato al refettorio del convento, campeggiava là dove i frati mangiavano.

Leonardo non illustra tanto, della cena, la solennità della consacrazione del pane e del vino. E dire che quelli erano gli anni della forte devozione del culto eucaristico, argine alle spinte ereticali. Ritrae l’attimo del tradimento. Quasi a voler dire che anche la migliore comunità di credenti è sempre a rischio di fallimento. Il male si muove liberamente, proprio come fece Giuda. Nulla e nessuno lo ha fermato. Nelle dinamiche del gruppo sarà piuttosto Pietro (paragonato a Satana) a essere rimproverato, non certo Giuda. Dio ci lascia liberi di abbandonare o danneggiare la comunità che si raccoglie intorno a Gesù. Giuda comunque non è riuscito a fermare l’avventura della fede. La misericordia di Dio accoglie tutti, anche Giuda, perché il male, per quanto devastante possa rivelarsi, non distrugge l’opera di Dio. E Cristo invita tutti alla sua mensa, Giuda compreso.