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di Luca Baratto

«Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta»

Questa che avete appena letto è una delle frasi più famose di tutta la Bibbia. A pronunciarla è il piccolo Samuele che nel santuario ode qualcuno nella notte pronunciare il suo nome, e non sa chi possa essere. Eli, il sacerdote a cui Dio non parla più da molto tempo, capisce che a chiamare il ragazzo è il Signore e quindi gli dice: Quando udrai nuovamente la voce, tu rispondi così: Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta.

Ascoltare è una delle abilità più difficili richieste all’essere umano. Tutti noi, infatti, soffriamo di un certo grado di autismo: sappiamo riferirci solo al nostro mondo e non sappiamo metterci in ascolto del mondo degli altri. 

C’è l’autismo intellettuale di chi parla senza alcuna preoccupazione di rendersi comprensibile: sei tu che devi entrare nel mio mondo, non io nel tuo. C’è l’autismo spirituale di chi afferma le proprie verità e non sa riconoscere la fede degli altri. C’è l’autismo urlato dei social, dove la possibilità di esprimersi è esaltata alla massima potenza, ma quella di ascoltare è del tutto mortificata.

La spiritualità biblica è una spiritualità della Parola che però nasce dall’ascolto. Mettersi in ascolto prima di tutto di Dio e della sua Parola; e poi mettersi in ascolto dei fratelli e delle sorelle in fede e in umanità, mettersi in ascolto degli altri. E’ in questi due ambiti che la fede e la fraternità trovano spazio per crescere. “Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta”.