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di Marco Gisola

«I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese»

Il 26 novembre è l’ultima domenica dell’anno liturgico; con l'Avvento si ricomincerà dall’ “inizio”, dai racconti che ci fanno riflettere e meditare sulla nascita di Gesù, cioè sulla prima venuta del Redentore nel mondo; “avvento” infatti significa “venuta”, “arrivo”. Proprio il versetto del giorno dell’ultima domenica dell’anno liturgico ci invita ad attendere vigilanti e ad essere pronti «perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate» (v. 40), riferendosi alla seconda venuta, cioè al ritorno di Cristo. 

Potremmo quindi dire che tutta la vita cristiana è un Avvento, perché come cristiani attendiamo costantemente il ritorno di Gesù. Viviamo, dunque, tra la prima e la seconda venuta di Gesù. Ciò significa innanzitutto che gli eventi fondamentali della nostra fede non dipendono da noi, ma sono iniziativa unilaterale di Dio: è lui che ha deciso di mandare suo Figlio nel mondo, è lui che deciderà il suo ritorno.

E poi significa che come cristiani viviamo dunque in un tempo che non è un tempo qualunque, ma è un tempo che sta dopo la venuta di Cristo e prima del suo ritorno. È il tempo della speranza: la speranza è costituita da un lato dall’attesa e d’altro lato dalla preparazione per farci trovare pronti quando il Signore verrà.

Attesa, nel senso che il compimento è nelle mani di Dio, perché sarà Cristo a realizzare tutte le promesse di Dio quando tornerà a portarci il suo regno. Ma anche preparazione perché siamo chiamati a tenere i nostri fianchi cinti e le nostre lampade accese. Avere i fianchi cinti e le lampade accese vuol dire stare vigili e attenti a ciò che il Signore vuole dirci attraverso la sua Parola per essere pronti a metterci in cammino per andare dove il Signore ci chiama. 

Fianchi cinti e lampade accese, ovvero attesa, preparazione, ascolto, fiducia… questo è il tempo che viviamo oggi, proiettati con speranza verso il futuro che Dio ci prepara.