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di Eric Noffke

Perdono: nell’intera Bibbia c’è forse una parola più difficile da fare nostra? Non implica forse un programma di vita irrealizzabile? Non suona quasi come un oltraggio, di fronte al male che affligge questa umanità sofferente ed assetata di vendetta?
Sono domande legittime, perché è facile rimanere sconcertati dal fatto che il lieto messaggio dell’evangelo cristiano si incentri proprio sull’affermazione che Gesù è venuto per donare al mondo il perdono di Dio, chiedendo ai suoi discepoli di fare altrettanto col fratello o con la sorella, non solamente 7 volte, ma 70 volte 7… (Matteo 18,21-22) E non si tratta solo di un’indicazione statistica, ma di un richiamo alla perfezione di Dio (il numero 7 indica completezza, perfezione), come in altra occasione sempre il Nazareno disse: Siate perfetti com’è perfetto il padre vostro celeste. (Matteo 5,48)

Gesù ci chiede, cioè, di agire con il prossimo come Dio ha agito nei nostri confronti: Egli, pur essendo il giudice del mondo, decide piuttosto di lasciare spazio ad un amore immenso e incondizionato con un atto di pura grazia, che nega l’idea di una giustizia compensativa. Il problema è che, se ci sta molto bene che Dio compia questa operazione a nostro vantaggio, molto meno abbiamo voglia di scendere dal nostro scranno per fare lo stesso nei confronti di chi riteniamo in debito verso di noi, moralmente o materialmente. Pure il Padre Nostro, però, è chiaro in proposito: rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Mission impossible, dunque? Un’utopia? No.

Se hai fede in quel Dio rivelato nelle Scritture (e non in quello che ci creiamo a nostro uso e consumo), puoi perdonare, perché bisogna saper affidare a lui la vendetta che il nostro cuore (per non parlare dell’orgoglio) cova ogni volta che viene ferito. Se non credi che il Signore avrà l’ultima parola su ogni cosa, come fai ad accettare che sia lui a riportare equilibrio nelle relazioni umane? Come fai a lasciare da parte quel desiderio di ottenere la “giusta compensazione” (comprendente, in genere, anche interessi da usura) che vogliamo ricevere da chi ci ha offeso?

Perdonare richiede generosità, una generosità che vada oltre ogni nostro possesso, anche oltre la vita stessa; è la capacità di sapersi separare da ciò che abbiamo, perfino dall’amore più profondo. E questo è possibile solo per chi crede tanto, da vedere la giustizia e l’amore di Dio vincere su ogni ferocia umana, su ogni meschinità e fallacia.

Perdonare impone di andare oltre quel senso dell’onore personale dal quale, mutatis mutandis, ciascuno di noi è affetto. Presuppone l’amore, quell’amore che sa riconoscere un fratello o una sorella anche nel più acerrimo dei nemici. Perdonare si può, infine, se si è capito quanto anche a noi è stato da Dio perdonato.

La vocazione al perdono, dunque, rimane indubbiamente difficile; ma nulla è impossibile per chi crede. E noi crediamo?