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  • Marco 13, 26

    di Ruggero Marchetti

    «Allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con grande potenza e gloria».
    Il Signore verrà. Ma cosa sappiamo di questa venuta finale? Anzitutto sappiamo che è Gesù che viene, e non è poco. Alla fine della Bibbia c'è la grande invocazione: “Marana-tha. Vieni, Signore Gesù!” (Apocalisse 22,20). È l'ultima parola della chiesa apostolica, di tutte le generazioni cristiane e di ogni esistenza credente. Dal futuro non aspettiamo qualcosa, ma qualcuno; non l'ignoto, ma il Signore.

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  • Matteo 24, 48

    di Ruggero Marchetti

    «Il mio padrone tarda a venire»
    Il Signore viene – il Signore ritarda: ecco uno dei dilemmi fondamentali della coscienza cristiana del I secolo. Nella certezza di un'imminente venuta del Signore, ha iniziato a insinuarsi il sospetto di un rinvio che, col protrarsi del tempo,  ha generato il dubbio radicale: “Dov'è la promessa della sua venuta?” (2 Pietro 3,4). Se già nel primo secolo non fu facile essere una chiesa che aspetta, ancora meno lo è oggi, in cui l'attesa della venuta del Signore è tanto più tiepida, e i dubbi che non verrà mai tanto più intensi.

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  • Luca 12, 37

    di Ruggero Marchetti

    «Beati quei servitori che il padrone, arrivando, troverà vigilanti»
    Avvento: il tempo della riscoperta della dimensione cristiana dell'attesa. Un teologo antico diceva: “Ecco una cosa che meriterebbe di essere a lungo meditata: comprendere come viene colui che è sempre presente”. È proprio così: cosa significa aspettare il Signore? Di solito si aspetta un assente. Il Signore che aspettiamo è presente o assente?

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  • Marco 13, 28. 34-36

    di Ruggero Marchetti

    «Ora imparate dal fico questa similitudine: quando i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte ...»
    Cosa mai ci può insegnare un fico? A differenza degli altri alberi della Palestina, esso perde le foglie nel periodo invernale, per questo la sua trasformazione in primavera è particolarmente spettacolare, è un segno dell'arrivo del tempo del raccolto. “Imparare dal fico” allora, vuol dire essere per gli altri una promessa di frutti abbondanti e gustosi. Gesù ci chiede che ci facciamo per gli altri la promessa che egli verrà e che la sua venuta sarà lo splendore dell'estate: sole, caldo, profumi, luce, frutti, in un'abbondanza vertiginosa. Sì: la venuta di Gesù al compiersi dei tempi non è una minaccia (e come potrebbe esserlo?), ma il compimento delle promesse di Dio!

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  • Ecclesiaste 5,1

    di Ruggero Marchetti

    «Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di Dio e avvicìnati per ascoltare, anziché per offrire il sacrificio degli stolti, i quali non sanno neppure che fanno male»
    La parola ebraica che l'Ecclesiaste usa per indicare “il sacrificio” è molto precisa: è l'“immolazione”, cioè quel tipo di rito in cui l'animale offerto veniva solo in parte bruciato sull'altare, e quel che ne restava spettava ai sacerdoti. Insomma, per loro l'“immolazione” era anche un affare!

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