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  • Salmo 145,15

    di Fulvio Ferrario

    «Gli occhi di tutti sono rivolti a te, e tu dai loro il cibo a suo tempo»
    Nel calendario liturgico di diverse chiese evangeliche, nella 19a domenica dopo Pentecoste si celebra la festa del ringraziamento per il raccolto: eredità di una società e di una chiesa legate in ampia misura ai cicli della natura, fatti propri dall'essere umano e vissuti come luogo della presenza provvidente di Dio. Gli storici dell'economia ci dicono che, oggi, un chicco di grano seminato rende in misura incredibilmente maggiore rispetto all'epoca di Lutero, o al Medioevo: si potrebbe dunque dire che sussistono ragioni ancora migliori per essere grati.

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  • I Giovanni 5,4

    di Fulvio Ferrario

    «Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede»
    Iniziando dal termine-chiave che compare per ultimo, «fede», i passi, nei quali la dimensione della fede è al centro, la intendono nel suo senso fondamentale, che è alla base di tutti gli altri, quello dell'affidarsi, del confidare, magari fino ad essere importuni, nel Dio di Gesù Cristo. Credere, nella Bibbia, non significa in primo luogo «ritenere vera» questa o quell'affermazione, e dunque il contenuto della fede non è anzitutto una dottrina. Si tratta, invece, di un rapporto con Gesù, il quale determina il rapporto con Dio, nel segno della fiducia.

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  • II Timoteo 1,10

    di Fulvio Ferrario

    «Cristo ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo»
    Lutero, che di solito predilige le espressioni più incisive e plastiche, anziché dire che Cristo «ha distrutto» la morte sceglie di tradurre, echeggiando altri passi dell'epistolario di Paolo, con «le ha tolto potere»: come se intendesse in qualche modo rispettare il dato di fatto che la morte, anche se vinta in Cristo, esiste pur sempre. Forse è una lettura troppo «moderna» della sua traduzione, ma proprio per questo essa può aiutare la nostra riflessione.

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  • I Pietro 5,7

    di Fulvio Ferrario

    «Gettate su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi»
    «Tu non devi preoccuparti di nulla. Penso a tutto io»: così un'anziana signora diceva al suo compagno di vita, già di suo molto ansioso e, per giunta, oscuramente consapevole del progredire di una malattia neurologica degenerativa. L'uomo ha accettato l'invito (né, a dire il vero, poteva far altro) e la signora è rimasta fedele al proprio impegno, pensando, effettivamente, a tutto. Potrebbe, questa storia d'amore a suo modo certamente poetica, costituire una sorta di parabola del nostro versetto?

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  • Salmo 103,2

    di Fulvio Ferrario

    «Benedici, anima mia, il Signore e non dimenticare alcuno dei suoi benefici»
    Il versetto è noto soprattutto perché utilizzato da molti come preghiera a tavola: esso ci viene oggi presentato come motivo conduttore liturgico e spirituale della 15a domenica dopo Pentecoste e della settimana che con essa si inizia. Il «tema» indicato è la gratitudine. Ma un testo biblico non è mai riducibile a un «tema», a maggior ragione se si tratta di una preghiera. L'asse del versetto è costituito dai due imperativi, Benedici e non dimenticare. Il loro rapporto è assai più profondo del semplice accostamento, a prima vista suggerito dalla congiunzione «e»: la memoria è la sorgente della gratitudine che benedice il Signore.

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