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Il Vangelo ci parla 5
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Salmo 8, 3-4
di Paolo Ribet
«Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?»
«L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quando l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide, dal momento che egli sa di morire, e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo invece non sa nulla». Queste parole di Blaise Pascal, contenute nei suoi «Pensieri», danno il senso della potenza e della meraviglia che sgorgano dal Salmo 8. -
Giovanni 7, 37-38
di Stefano D'Amore
«Nell'ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno.”»
Da chi sgorgano effettivamente questi fiumi d’acqua? Da Gesù o dai credenti? Di fronte a questa immagine, istintivamente ci immedesimiamo negli assetati ma, secondo le parole di Gesù, siamo anche i “rubinetti” di quell’acqua viva. La fonte a cui andare per essere dissetati è Cristo ma il fiume sgorga da chi crede: il credente non è passivo, non si affida solo con fiducia per bere nell’incontro con Dio, ma viene trasformato da quella bevuta. Trasformato, possiamo dirlo senza irriverenza, in un “idrante” che non può fermarsi e che offre acqua in abbondanza a chi incontra. -
Giovanni 2, 3
di Stefano D'Amore
«Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”»
Gesù inaugura il suo ministero seduto ad un banchetto, intento a far ripartire una festa che è a rischio. Il messaggio è serio: festeggiare non è secondario. Dio è festa. La festa è una manifestazione della grazia, dell’abbondanza, della generosità, ovvero tutto l’opposto dell’accumulazione, del controllo, della limitazione. La gioia che viene dallo stare insieme e dal rallegrarsi per una buona notizia è ciò che si deve provare quando ci si avvicina a Dio, quando ci riuniamo nel Suo nome. -
Romani 12, 4-5
di Stefano D'Amore
«Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro.»
L’immagine del corpo e delle membra è molto cara a Paolo che l’ha utilizzata anche in una lettera ai Corinzi. È chiara e immediata, ma allo stesso tempo per nulla banale e alquanto impegnativa, soprattutto quando viene detto che siamo membra l’uno dell’altro. Il senso è che non siamo solo legati tra di noi perché insieme facciamo parte di un corpo, ma nella Chiesa di Gesù Cristo siamo parte l’uno dell’altro, ci apparteniamo a vicenda. -
Matteo 17, 6-8
di Stefano D'Amore
«I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore. Ma Gesù, avvicinatosi, li toccò e disse: “Alzatevi, non temete”. Ed essi, alzati gli occhi, non videro nessuno, se non Gesù tutto solo.»
Nel racconto della trasfigurazione non solo il volto di Gesù si trasforma, ma anche la scena stessa. Di fronte alla Parola di Dio, che scende dalla nuvola, i discepoli cadono a terra, presi da timore. Sebbene siano spesso distratti, titubanti o a volte anche assenti, il loro istinto li porta a gettarsi per terra. Interviene la semplicità, la spontaneità del loro cuore e della loro fede: di fronte a Dio ogni protezione crolla, non resta che prostrarsi inermi di fronte alla Sua presenza e coprirsi gli occhi, proprio come avevano fatto Mosè sul Sinai ed Elia nella grotta.